giovedì 13 luglio 2017

Il Trionfo dell'Islam. Una poesia di John Medlin

Nell’ultimo numero di The Salisbury Review (Summer 2017 Vol. 35 Nr. 4), la prestigiosa rivista conservatrice inglese guidata da Sir Roger Scruton (vedi qui), sono stati pubblicati alcuni versi intitolati “The Triumph of Islam” del poeta e scrittore cattolico John Medlin di cui riproduciamo qui di seguito il testo originale completo del 2014 (come trascritto nel blog Medlin the Writer qui) e la nostra (emendabile) traduzione. Il percorso indicato da questa breve opera tocca, con il discernimento dello storico e la chiaroveggenza del poeta, alcune tappe fondamentali che hanno portato non soltanto l’Inghilterra, che è qui rimpianta, ma molte nazioni un tempo cristiane all’oblio di sé e della propria antica elezione.
La prima visione è data dai funerali di Churchill in un freddo gennaio del 1965. Una folla vicina e lontana, gli “ultimi inglesi”, assiste alla fine di uno Stato che aveva ancora saputo intrecciare durante la Guerra mondiale la vita del popolo con un’epica e con il senso di un destino. Li saluta San Paolo dall’alto dell’antica cattedrale di Ludgate Hill le cui fondamenta più profonde risalgono a San Mellito di Canterbury in cui ancora era fervida l’opera missionaria di San Gregorio Magno. Il tramonto dello Stato moderno non lascia però spazio a ciò che di iniziale aveva oscurato e, molte volte, perseguitato, ma a una tirannide più subdola e profonda che delle vuote strutture dello Stato, vuote come le “campane della marcia funebre”, continua a servirsi per la distruzione della Tradizione cattolica. È la tirannide personificata dai “foxish lawyers” - dai “volpeschi avvocati” o più generalmente dai giuristi positivi, dai legisti, dai burocrati, dai governi e dai parlamenti furbescamente proni alla volontà spersonalizzata e al pensiero neutralizzante e senza terra -, da coloro che traducono in ogni momento gli “statagemmi globalisti” in “leggi ingiuste” gettate “come scale” dell’“innumerevole umma” sulle “rive d’Albione”.
Com’è noto neutralizzazione della verità, egualitarismo astratto e “volpesco” formalismo non realizzano una società più giusta ma aprono la porta a chiunque passi, anche a chi è pronto a distruggere la casa e ad allearsi con i nemici interni, all’“onda fredda che s’abbatte e affoga”. E quando l’amore di ciò che è proprio e tramandato si muta in paura di fronte alle nuove maggioranze, disfattismo, simpatia per i nemico spacciata per civiltà, scolorano e spariscono le immagini dei vecchi vessilli. I figli degli “avvocati volpeschi”, orgogliosi soltanto del tradimento dei padri, formano con i nuovi arrivati, e, se possibile, con il “loro seme”, “un arcobaleno in un’alba maligna”. Ecco là nuova metafisica, la nuova religione, il futuro, i programmi dei partiti progressisti, dei trattati, delle ONG, degli incontri ecumenici.
Lo spettacolo dell’invasione e della distruzione è alla fine contemplato, quasi come in un flash-back, attraverso gli occhi di un osservatore che in un futuro prossimo guarda attraverso il varco scavato a forma di mirhab – della nicchia rituale aperta in direzione della Mecca i cui contorni si confondono con il nulla di ogni formalismo occidentale - in un vallo romano. Chiese cristiane invase da tappeti a disposizione dei nuovi signori e dei settatori dell’apostasia nazionale, il “lamento dei muezzin” che si allarga concentricamente conquistando nuovi spazi e li trasforma in una “marea paludosa” fino a raggiungere e sommergere la Vecchia Inghilterra, i “campi ricchi di raccolto”, le “radiose ginestre”, le “cappelle” immemorabili e “le grotte”, che ospitarono San Govan, San Gelert e molti altri fondatori. Nascosto, ma pronto a ritornare a sgorgare come da “conchiglie battesimali”, rimane Ciò che è Eterno.

The TRIUMPH of ISLAM

“That England that was wont to conquer others
Hath made a shameful conquest of itself.”
(Richard II, 2:1, 65-6)


Sorrowful tramp of boots on sanded streets:
In winter’s grey, sad companies of men
Manhandle Churchill’s coffin with dull beats
Of drum and growling brass. Grown men and children
Sag heads and make their peace, and St Pauls greets
The last of England, mourned in fen and glen:
The state he served, those thin wan faces tell,
Has hollowed like the booming, death-march bell.


Mere thirty years from Pericles’ repose
Refulgent Athens died in Sparta’s fist.
In Ludgate Hill foxish lawyers at their windows
Watched Churchill pass and since have ticked their list
Of state-upturning statutes which in prose
Have sundered epic: mealy “one-world” grist
Which Albion’s beaches ramped with unjust laws
Bringing the millioned umma to these shores.


That stocky soldiery, those weeping folk,
That stark January day, in thirty years
Fast shrivelled to an untamed tribe bespoke
On sink estates of pierced lips and ears,
Their pride as great-strength oxen at the yoke
Neutered by those lawyers’ brats whose fears
Of nation-love have brewed with other spawn
A curdled rainbow in a sullen dawn.


On Sundays Finsbury Park is loud with trade,
Hijab and djellaba command the scene,
A church where once the liturgy was prayed
Disgorges carpets of a Turkish sheen,
The mosques are brimming, that which kept the shade
Tide-like swamps suburbs with the muezzin’s keen;
Soon, time-old villages, deep-valleyed towns,
Will startle as that cold wave slaps and drowns.


The crop-rich fields and gorse-bedazzled moors
Enfold two thousand years of Christ-men’s cells,
Those chapels, caves, where what’s eternal pours
Through being, fruitful as baptismal shells:
All lost; a rotted people slamming doors
Against its past must pander to the yells
Of ghazis who in church and manor halls
Gouge mihrabs in those age-encrusted walls.


Il TRIONFO dell'ISLAM

Passi dolenti di stivali sulle strade arenose:
Nel grigio inverno, tristi compagnie di uomini
Faticano la bara di Churchill con musica tediosa
Di tamburi e di ottoni lagnosi. Uomini maturi e bambini
Abbassano le teste e fanno la loro pace, e San Paolo saluta
Gli ultimi Inglesi, in lande e valli luttuose:
Lo stato che egli servì, raccontano quei volti consunti e pallidi,
Si è svuotato come la campana risonante della marcia funebre.

Appena a trent’anni dal sonno di Pericle
Atene rifulgente cadde sotto i colpi di Sparta.
In Ludgate Hill volpeschi avvocati alle finestre
Guardano Churchill passare e da allora applicano una per una
Le norme sovversive che scritte in prosa
Dall’epica separano il popolo: stratagemmi “globalisti”,
Leggi ingiuste che come scale gettate sulle rive d’Albione
Portano l’innumerevole umma su queste sponde.

Quella tarchiata soldatesca, quella gente in pianto,
Quel duro giorno di gennaio, in trent’anni
Quasi avvizziti in un’indomita tribù,
Parlavano da palazzi rovinanti di labbra e di lobi trafitti,
Come di possenti buoi aggiogati il loro orgoglio
Castrato dai figli di quegli avvocati che per paura
Dell’amor patrio han formato con altro seme
Un arcobaleno rappreso in un’alba maligna.

Di domenica Finsbury Park risuona di commerci,
Hijab e djellaba dominano la scena,
Una chiesa dove un tempo si celebrava la liturgia,
Vomita tappeti di turco splendore,
Straripano le moschee che accrebbero
Col lamento del muezzin la marea paludosa dei subborghi.
Presto antichi villaggi, paesi immersi nelle valli,
Saranno sorpresi da quell’onda fredda che s’abbatte e affoga.

I campi ricchi di raccolto e radiosi di ginestre
Abbracciano due millenni di celle di uomini cristiani,
Cappelle, grotte di santi, dove ciò che è eterno sgorga
Attraverso le cose fruttuoso come da conchiglie battesimali:
Tutto perduto. Gente marcia, che sbatte le porte
Al suo passato, è destinata a piegarsi alle grida
Dei ghazis risuonanti nelle chiese e nei manieri,
A scavar mihrab in quei valli incrostati dai secoli.

1 commento:

  1. Many thanks for kindly featuring my poem together with your translation; something of a first for me. Is there a way I can contact you to pass on a few comments? You will find an e mail address for me in the profile section of my poetry blog. John Medlin

    RispondiElimina