sabato 16 novembre 2013

La Tradizione come imitazione di Cristo. Considerazioni intorno a una citazione di Juan G. Arintero o.p.



Pubblichiamo, come promesso, la versione italiana di una nota del sacerdote argentino don Flavio Infante che ha curato per il blog In Expectatione l'edizione spagnola del nostro articolo "Il gesuita come problema". Don Flavio Infante fa emergere in maniera assai feconda l'affinità tra l'evoluzione omogenea della dottrina cristiana esposta dal Cardinal John Henry Newman e il concetto di  "evoluciòn mistica" sostenuto dal teologo domenicano Juan González Arintero.
  Padre Arintero, che fu professore a Salamanca nel primo decennio del secolo  XX, interpretò l'evoluzione della dottrina cristiana come continua approssimazione ascetica e mistica (mistica soltanto in quanto preceduta dall'ascesi) del cristiano e della Chiesa al deposito della fede cattolica e dunque a Cristo stesso. In tal senso ogni autentico sviluppo della dottrina Chiesa non può essere compreso se non come un aspetto della Tradizione immutabile e, misticamente, un'imitazione di Cristo. Una perfetta uniformazione della Sposa allo Sposo.
Se la storia della Chiesa è la storia di questa mistica uniformazione e la storiografia cristiana del secolo deve fondarsi nella "fede nella risoluzione metastorica della storia" ovvero nella fede nella parousia del Signore, la storia del secolo corre verso la parousia dell'"uomo dell'iniquità" (2 Thess 2). Scambiare hegelianamente il tempo della Chiesa, la sua '"evoluciòn mistica", con il preteso progresso del mondo verso il bene, significa rinunciare al discernimento delle cose ultime (e delle presenti). Sta forse proprio in questa confusione, nella "simpatia immensa" di cui parlò Paolo VI, una tra le principali cause della crisi della Chiesa.


Come la "coscienza" (quasi un luogo comune, un argomento elettivo di coloro che oggi abusano della riflessione teologica), il dispiegamento storico della Chiesa, discernibile in "età", fu uno dei ferri incandescenti che Newman non si astenne dall'afferrare. E colui che seppe uscire illeso dalla prova, poté giustamente vantarsi, al momento di ricevere il biglietto con il quale veniva creato cardinale, di avere "resistito per trenta, quaranta, cinquant'anni con le mie forze migliori allo spirito del liberalismo religioso".

Il suo era stato il secolo di Lammenais che non per nulla Diderot aveva definito "il secolo stupido". Si trattasse di giubilo oppure di baldoria (infatti le tesi progressiste prendono forma, oscurando a suon di parole le evidenze che loro s'oppongono, in un chiassoso ottimismo), Newman seppe respingere la tentazione di sostituire la fede nella risoluzione metastorica della Storia (parousia) con la sua crudele parodia - vale a dire con la sua negazione - quale è la fede nell'evoluzione inesorabile e autosufficiente della storia verso il bene.

Abbondano, grazie a Dio, le rettificazioni dell'aberrazione evoluzionista. Nella nostra lingua  il padre Juan G. Arintero o.p. seppe, in un tempo ormai lontano, affrontare questo errore dimostrando che una corretta idea cristiana di "progresso" deve riflettere il desiderio paolino che "arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo" (Eph 4, 13). Tale è  la felice analogia tra il progresso spirituale del cristiano e quello della Chiesa:

Il progresso mistico è l'unico e vero progresso integrale, l'unico in cui la natura riesce realmente ad acquistare la pienezza delle sue perfezioni nella misura in cui è risollevata dai divini splendori. È un continuo incremento della vita e delle energie nel quale, crescendo in tutto conformemente al vero Esemplare, possiamo pervenire alla misura dell'Uomo perfetto. Questo progresso spiega tutti i progressi che possono aversi nella Chiesa, senza incorrere nel pericolo delle aberrazioni moderne di coloro che tentano di ridurre questi stessi progressi ad altrettante serie di contraddizioni e di rotture, giacché ogni reale progresso è la manifestazione crescente di qualche aspetto della vita cristiana la quale sempre cresce e mai si distrugge o si smentisce (La evoluciòn mística, B.A.C., Madrid 1968,  2ª ed.)


Questa certezza è ciò che ci è offerto come antidoto contro l'infestazione  hegeliana di cui oggi soffre la Chiesa, un'infestazione tanto più inaudita dal momento che il guardiano della Chiesa si è affidato ai suoi più virulenti dilapidatori.

3 commenti:

  1. Grazie e congratulazioni per la traduzione nonchè per la previa riflessione, tanto opportuna nell'opporre la «parousia» del nemico, secondo quel che si legge in 2 Thess. (termine inevitabile della fallace speranza immanentista) e la vera e propria Parousia del Signore.

    Devo chiarire che non sono sacerdote, bensì sposato e con quattro figli! Immagino che la confusione viene dall'aver notato che nel mio blog ricevo spesso l'atteggiamento di «don», che in spagnolo non si impiega nel confronto coi preti, ma per esprimere soltanto una certa riverenza -equivale, più o meno, a dire «signor». C'è un brano molto godevole nel Don Chisciotte (2 parte, cap. 45), nel quale Sancio Panza rigetta quel titolo che vogliono dargli, sapendosi non degno di riceverlo. Da noi, sopratutto in campagna, si usa il «don» molto abituale e prodigamente.

    Sulla traduzione, un unica osservazione: al posto di «guardiano», nell'ultimo paragrafo, si dovrebbe tradurre «cura» oppure «sorveglianza», cioè, l'azione del curare al posto del soggetto della azione. «El guarda» o «el guardia» significa in spagnolo, certo, «guardiano», ma «la guarda» vale per «cura». Ciononostante, il senso generale è quasi lo stesso.

    Vi saluto tanto in Cristo Re!

    RispondiElimina
  2. Davvero Diderot definì "stupido il secolo di Lammenais"?

    RispondiElimina
  3. Ha lei ragione a stupirsi! Diderot visse parecchi anni prima di Lammenais! Ho scambiato un francese per un'altro: corrisponde dire non Diderot, ma Daudet.

    Questo prova quel proverbio solito tra noi: "el que mucho habla, mucho yerra", cioè, «chi parla troppo, sbaglia assai». Grazie per l'osservazione.

    RispondiElimina