Come è stato riportato da molti siti (vedi qui, qui e qui), nel novembre dello scorso anno è stata sottoposta alla riunione dell’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura
una proposta da far giungere a Papa Francesco, nella quale si chiede di considerare la possibilità di rimuovere il Monitum
della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio
(1962) sulle opere di P. Pierre Teilhard de Chardin, S.J. La petizione è stata accolta sabato 18 novembre durante i lavori dell’Assemblea riunitasi sul tema Il futuro dell’umanità: nuove sfide all’antropologia
. La proposta è così motivata: “Riteniamo che un tale atto non solo riabiliterebbe lo sforzo genuino del pio gesuita nel tentativo di riconciliare la visione scientifica dell’universo con l’escatologia cristiana, ma rappresenterebbe anche un formidabile stimolo per tutti i teologi e scienziati di buona volontà a collaborare nella costruzione di un modello antropologico cristiano che, seguendo le indicazioni dell’Enciclica Laudato Si’
, si collochi naturalmente nella meravigliosa trama del cosmo”. Proponiamo qui di seguito, nella nostra traduzione e con l’autorizzazione dell’Autore, le puntuali osservazioni critiche del teologo Manfred Hauke pubblicate l’8 dicembre dal quotidiano tedesco Die Tagepost.
Recentemente il
Consiglio Pontificio per la Cultura ha pubblicato sulla sua pagina internet una “proposta” che risale all’ultima riunione plenaria tenutasi a metà di novembre: “Il futuro dell’umanità. Nuove sfide per l’antropologia”. Un professore italiano di astrofisica avrebbe chiesto in una lettera a Papa Francesco “di considerare la possibilità di ritirare il monitum con cui nel 1962 la
Congregazione per la Dottrina della Fede – allora
Sant’Uffizio – colpiva gli scritti di padre Teilhard de Chardin sj”. Questa proposta non è stata messa ai voti, anche se i presenti, e tra questi Cardinali, Vescovi e laici, l’hanno fatta propria e anche sottoscritta.
Il monito in questione è molto breve: “Alcune opere del Padre Pierre Teilhard de Chardin – anche quelle pubblicate dopo la sua morte – vengono diffuse e trovano non poco favore. A prescindere dal giudizio su ciò che attiene alle scienze positive [le scienze naturali], è sufficientemente evidente che le opere suddette contengono ambiguità ed errori tanto gravi in materia filosofica e teologica da ledere la dottrina cattolica. Pertanto gli Eminentissimi e Reverendissimi Padri della Suprema Sacra Congregazione del Santo Offizio esortano gli Ordinari e i Superiori di Istituti Religiosi, i Rettori dei Seminari e delle Università a proteggere efficacemente le anime, specialmente la gioventù, dai pericoli contenuti nelle opere di Padre Teilhard de Chardin e dei suoi seguaci” (tradotto da AAS 54, 1962, 526).
Si tratta qui dunque non soltanto di dati scientifici concernenti la dottrina dell’evoluzione ma dell’ambito della filosofia e della teologia rispetto al quale le opere di Teilhard contengono “ambiguità” e “gravi errori” non conciliabili con la Fede cattolica.
Ne
L’Osservatore Romano del 1 luglio 1962, dove il monitum fu pubblicato per la prima volta, segue immediatamente un commento non firmato dal titolo “Pierre Teilhard de Chardin e il suo pensiero nell’ambito della filosofia e della teologia” il quale prende in considerazione anche il libro di Henri de Lubac su Teilhard. Nel testo, relativamente dettagliato e dotato di precise indicazioni delle fonti, si osserva che il concetto di creazione di Teilhard non corrisponde a quello della dottrina della Chiesa (“unificazione” al posto di creazione dal nulla). E così anche la trascendenza di Dio non è fatta sufficientemente salva. La distinzione tra naturale e sovrannaturale è cancellata. Lo stesso vale per il rapporto tra spirito e materia. Il peccato originale, come inteso dalla Chiesa, è negato. Gli errori qui menzionati non sono di poco conto. Il commento critica anche il libro di de Lubac che, sebbene elenchi numerose mancanze (soprattutto riguardo al peccato originale), loda la concezione complessiva del pensiero di Teilhard sminuendone gli errori.
La proposta del
Consiglio Pontificio per la Cultura potrebbe essere convincente se il suo autore, in base a un’analisi dell’opera complessiva di Teilhard, dimostrasse che il Sant’Uffizio incorse in errori di giudizio per non avere studiato con precisione gli scritti di Teilhard. Ma un simile tentativo non è stato intrappreso. Il documento del
Consiglio Pontificio, pubblicato in internet senza firme, ammette al contrario che “è chiaro che il tentativo di un’interpretazione filosofico-teologica fatto da Teilhard è in alcuni punti carente e che l’insufficiente precisione del suo linguaggio non favorisce sempre la giusta comprensione”. Non diversamente affermano il
Monitum e il relativo commento quando menzionano gravi errori e proposizioni equivoche. Come potrebbe allora il Santo Padre revocare il
Monitum?
I redattori del documento sono certi che un siffatto provvedimento sia un “gesto eloquente” per “promuovere il reciporoco dialogo tra scienza e fede”? Proprio per gli scienziati è importante un linguaggio chiaro e di quella concettualità ben elaborata che si dissolve nella colata pseudomistica del paleontologo francese. Il biologo evoluzionista Franz M. Wuketits (non credente) osserva, in maniera critica, che la “mistica dell’evoluzione” di Teilhard “è difficilmente digeribile per un uomo più o meno abituato a pensare con chiarezza”.
In Teilhard è senza dubbio apprezzabile lo sforzo di descrivere lo sviluppo del cosmo all’interno di una visione che si orienta a Cristo. In questo senso la concezione teilhardiana ha carsicamente condizionato il documento conciliare
Gaudium et Spes, e alcuni Papi, da Paolo VI a Francesco, hanno considerato positivamente alcuni singoli aspetti dell’impostazione del gesuita (vedi enciclica
Laudato si’ 83, nota 53). Lo svolgimento concreto di questa sintesi è tuttavia viziato da gravi problemi interni e dai danni che ne sono le conseguenze. Queste difficoltà emersero già all’inizio della “carriera” di Teilhard quando, nel 1922, pubblicò un saggio sul peccato originale. Teilhard, che non era un teologo di professione e insegnava geologia all’Istituto Cattolico di Parigi, in questo scritto sostiene il passaggio dall’animale all’uomo tramite l’evoluzione. Creazione, caduta nel peccato, incarnazione e redenzione non sono eventi storici ma sono messi sullo stesso piano delle realtà interne al mondo. Il peccato originale è da sempre mescolato all’essere del mondo proprio come la realtà di Dio. Il male – il peccato originale – è equiparato alla molteplicità nel cosmo che deve cedere a una progressiva unificazione. In questa concezione non c’è naturalmente spazio per l'origine divina dell’uomo nel Paradiso.
Come ricorda criticamente Walter Kasper, lo stesso Teilhard ebbe una volta occasione di osservare che la sua spiegazione del male ha un sentore di manicheismo. Non desta perciò meraviglia il fatto che a Teilhard fu proibito dai suoi superiori di pubblicare ulteriori scritti teologici.
I teologi Hans-Eduard Hengstenberg e Leo Scheffczyk hanno confermato il giudizio critico espresso durante il pontificato di Giovanni XXIII: l’intera concezione di Teilhard è problematica. Questa conclusione concerne la confusione fra natura e grazia, che favorisce la secolarizzazione, e le affermazioni sull’operare di Dio nel mondo stando alle quali gli interventi immediati di Dio dileguano lasciando posto all’operare delle cause seconde create. L’opera di Teilhard contiene una forte tendenza al panpsichismo e al panteismo. Il gesuita francese è uno dei “padri” della New Age. Nel libro culto di questo movimento negli anni Ottanta (Marylin Ferguson,
The Aquarian Conspiracy) Teilhard è l’autore più citato. Il significato dell’anima spirituale dell’uomo, l’influsso degli angeli, che non procedono da alcuna evoluzione, la realtà del peccato originale e la realtà di Dio trascendente il mondo cadono, in Teilhard, nel vortice di un pensiero che riporta alla gnosi. La sua proposta ebbe la sua maggior fortuna negli anni Sessanta del secolo passato trascinati dal fascino del “progresso”, ma nella riflessione teologica intanto c'è stato un ulteriore sviluppo. Il dialogo tra le scienze naturali, la filosofia e la teologia è certamente un importante compito, ma a ciò non può essere utile la proposta di lavare le macchie nere di Teilhard de Chardin.