giovedì 13 luglio 2017

Il Trionfo dell'Islam. Una poesia di John Medlin

Nell’ultimo numero di The Salisbury Review (Summer 2017 Vol. 35 Nr. 4), la prestigiosa rivista conservatrice inglese guidata da Sir Roger Scruton (vedi qui), sono stati pubblicati alcuni versi intitolati “The Triumph of Islam” del poeta e scrittore cattolico John Medlin di cui riproduciamo qui di seguito il testo originale completo del 2014 (come trascritto nel blog Medlin the Writer qui) e la nostra (emendabile) traduzione. Il percorso indicato da questa breve opera tocca, con il discernimento dello storico e la chiaroveggenza del poeta, alcune tappe fondamentali che hanno portato non soltanto l’Inghilterra, che è qui rimpianta, ma molte nazioni un tempo cristiane all’oblio di sé e della propria antica elezione.
La prima visione è data dai funerali di Churchill in un freddo gennaio del 1965. Una folla vicina e lontana, gli “ultimi inglesi”, assiste alla fine di uno Stato che aveva ancora saputo intrecciare durante la Guerra mondiale la vita del popolo con un’epica e con il senso di un destino. Li saluta San Paolo dall’alto dell’antica cattedrale di Ludgate Hill le cui fondamenta più profonde risalgono a San Mellito di Canterbury in cui ancora era fervida l’opera missionaria di San Gregorio Magno. Il tramonto dello Stato moderno non lascia però spazio a ciò che di iniziale aveva oscurato e, molte volte, perseguitato, ma a una tirannide più subdola e profonda che delle vuote strutture dello Stato, vuote come le “campane della marcia funebre”, continua a servirsi per la distruzione della Tradizione cattolica. È la tirannide personificata dai “foxish lawyers” - dai “volpeschi avvocati” o più generalmente dai giuristi positivi, dai legisti, dai burocrati, dai governi e dai parlamenti furbescamente proni alla volontà spersonalizzata e al pensiero neutralizzante e senza terra -, da coloro che traducono in ogni momento gli “statagemmi globalisti” in “leggi ingiuste” gettate “come scale” dell’“innumerevole umma” sulle “rive d’Albione”.
Com’è noto neutralizzazione della verità, egualitarismo astratto e “volpesco” formalismo non realizzano una società più giusta ma aprono la porta a chiunque passi, anche a chi è pronto a distruggere la casa e ad allearsi con i nemici interni, all’“onda fredda che s’abbatte e affoga”. E quando l’amore di ciò che è proprio e tramandato si muta in paura di fronte alle nuove maggioranze, disfattismo, simpatia per i nemico spacciata per civiltà, scolorano e spariscono le immagini dei vecchi vessilli. I figli degli “avvocati volpeschi”, orgogliosi soltanto del tradimento dei padri, formano con i nuovi arrivati, e, se possibile, con il “loro seme”, “un arcobaleno in un’alba maligna”. Ecco là nuova metafisica, la nuova religione, il futuro, i programmi dei partiti progressisti, dei trattati, delle ONG, degli incontri ecumenici.
Lo spettacolo dell’invasione e della distruzione è alla fine contemplato, quasi come in un flash-back, attraverso gli occhi di un osservatore che in un futuro prossimo guarda attraverso il varco scavato a forma di mirhab – della nicchia rituale aperta in direzione della Mecca i cui contorni si confondono con il nulla di ogni formalismo occidentale - in un vallo romano. Chiese cristiane invase da tappeti a disposizione dei nuovi signori e dei settatori dell’apostasia nazionale, il “lamento dei muezzin” che si allarga concentricamente conquistando nuovi spazi e li trasforma in una “marea paludosa” fino a raggiungere e sommergere la Vecchia Inghilterra, i “campi ricchi di raccolto”, le “radiose ginestre”, le “cappelle” immemorabili e “le grotte”, che ospitarono San Govan, San Gelert e molti altri fondatori. Nascosto, ma pronto a ritornare a sgorgare come da “conchiglie battesimali”, rimane Ciò che è Eterno.

The TRIUMPH of ISLAM

“That England that was wont to conquer others
Hath made a shameful conquest of itself.”
(Richard II, 2:1, 65-6)


Sorrowful tramp of boots on sanded streets:
In winter’s grey, sad companies of men
Manhandle Churchill’s coffin with dull beats
Of drum and growling brass. Grown men and children
Sag heads and make their peace, and St Pauls greets
The last of England, mourned in fen and glen:
The state he served, those thin wan faces tell,
Has hollowed like the booming, death-march bell.


Mere thirty years from Pericles’ repose
Refulgent Athens died in Sparta’s fist.
In Ludgate Hill foxish lawyers at their windows
Watched Churchill pass and since have ticked their list
Of state-upturning statutes which in prose
Have sundered epic: mealy “one-world” grist
Which Albion’s beaches ramped with unjust laws
Bringing the millioned umma to these shores.


That stocky soldiery, those weeping folk,
That stark January day, in thirty years
Fast shrivelled to an untamed tribe bespoke
On sink estates of pierced lips and ears,
Their pride as great-strength oxen at the yoke
Neutered by those lawyers’ brats whose fears
Of nation-love have brewed with other spawn
A curdled rainbow in a sullen dawn.


On Sundays Finsbury Park is loud with trade,
Hijab and djellaba command the scene,
A church where once the liturgy was prayed
Disgorges carpets of a Turkish sheen,
The mosques are brimming, that which kept the shade
Tide-like swamps suburbs with the muezzin’s keen;
Soon, time-old villages, deep-valleyed towns,
Will startle as that cold wave slaps and drowns.


The crop-rich fields and gorse-bedazzled moors
Enfold two thousand years of Christ-men’s cells,
Those chapels, caves, where what’s eternal pours
Through being, fruitful as baptismal shells:
All lost; a rotted people slamming doors
Against its past must pander to the yells
Of ghazis who in church and manor halls
Gouge mihrabs in those age-encrusted walls.


Il TRIONFO dell'ISLAM

Passi dolenti di stivali sulle strade arenose:
Nel grigio inverno, tristi compagnie di uomini
Faticano la bara di Churchill con musica tediosa
Di tamburi e di ottoni lagnosi. Uomini maturi e bambini
Abbassano le teste e fanno la loro pace, e San Paolo saluta
Gli ultimi Inglesi, in lande e valli luttuose:
Lo stato che egli servì, raccontano quei volti consunti e pallidi,
Si è svuotato come la campana risonante della marcia funebre.

Appena a trent’anni dal sonno di Pericle
Atene rifulgente cadde sotto i colpi di Sparta.
In Ludgate Hill volpeschi avvocati alle finestre
Guardano Churchill passare e da allora applicano una per una
Le norme sovversive che scritte in prosa
Dall’epica separano il popolo: stratagemmi “globalisti”,
Leggi ingiuste che come scale gettate sulle rive d’Albione
Portano l’innumerevole umma su queste sponde.

Quella tarchiata soldatesca, quella gente in pianto,
Quel duro giorno di gennaio, in trent’anni
Quasi avvizziti in un’indomita tribù,
Parlavano da palazzi rovinanti di labbra e di lobi trafitti,
Come di possenti buoi aggiogati il loro orgoglio
Castrato dai figli di quegli avvocati che per paura
Dell’amor patrio han formato con altro seme
Un arcobaleno rappreso in un’alba maligna.

Di domenica Finsbury Park risuona di commerci,
Hijab e djellaba dominano la scena,
Una chiesa dove un tempo si celebrava la liturgia,
Vomita tappeti di turco splendore,
Straripano le moschee che accrebbero
Col lamento del muezzin la marea paludosa dei subborghi.
Presto antichi villaggi, paesi immersi nelle valli,
Saranno sorpresi da quell’onda fredda che s’abbatte e affoga.

I campi ricchi di raccolto e radiosi di ginestre
Abbracciano due millenni di celle di uomini cristiani,
Cappelle, grotte di santi, dove ciò che è eterno sgorga
Attraverso le cose fruttuoso come da conchiglie battesimali:
Tutto perduto. Gente marcia, che sbatte le porte
Al suo passato, è destinata a piegarsi alle grida
Dei ghazis risuonanti nelle chiese e nei manieri,
A scavar mihrab in quei valli incrostati dai secoli.

martedì 11 luglio 2017

Charlie e il suo giudice. Un articolo di Pucci Cipriani

Riprendiamo qui di seguito un articolo pubblicato nel blog della rivista Controrivoluzione (qui) nel quale Pucci Cipriani riassume con appassionata puntualità lo stato attuale della vicenda di Charlie Gard giunta nuovamente di fronte ai giudici della Suprema Corte inglese. Il primo pensiero va certamente alla salvezza di questa vita da una morte ingiusta perché ciò corrisponde alla evidente volontà del suo e nostro Creatore. E tuttavia non si può non osservare che la resistenza di Charlie, dei suoi genitori e di individui e gruppi che hanno iniziato a pregare e a sollevarsi contro una catena di decisioni inique, indica con chiarezza l'importanza decisiva per l'Occidente - non a caso tra gli attori compaiono la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la Santa Sede e il Presidente Trump - di questa partita contro la pretesa minacciosa di disporre dell'uomo da parte di ordinamenti che hanno definitivamente negato ogni dipendenza da Dio. La loro vittoria non potrà che significare, oltre al sacrificio di un innocente, l'ulteriore sprofondamento del nostro mondo nel terrore e nel disordine. L'invito è quello di affidarsi all'intercessione della Vergine Maria, di San Taddeo e di San Michele Arcangelo.

Ormai avevamo cominciato a crederci! La grande e commuovente mobilitazione a favore della vita innocente di Gad Charlie sembrava avesse compiuto il miracolo : i medici dell'ospedale che seguono, evidentemente, la dottrina eugenetica nazista (e comunista) del dottor Mengele, avevano "gettato la spugna" (apparentemente) e, prima, era stata rimandato il giorno dell'esecuzione, quindi si era detto che sarebbero stati presi in considerazione i "protocolli" di cura dell'Ospedale del Bambin Gesù e quelli di un Ospedale americano....Le veglie di preghiera, le lettere, il popolo della rete, le telefonate che per ventiquattro ore avevano "intasato" le linee telefoniche vaticane, avevano fatto sì che, alla fine, anche Bergoglio parlasse, seppur vagamente, senza mai nominare Gad Charlie la vittima sacrificale sull'altare del satanismo moderno.
Poi anche il Papa, bon gré - mal gré, in un secondo twitter ha rammentato anche il bambino,e, immaginiamo con che imbarazzo Bergoglio - che non fa mistero delle sue idee "di sinistra" e della sue antipatie personali con personaggi "conservatori", abbia visto il suo nome associato, in questa lotta per la vita, a quello del Presidente americano Donald Trump che, oltre a prendere pubblica posizione "pro life", si è personalmente interessato al caso con il Governo inglese...e allora, dopo l'appello di Mario Giordano, sul quotidiano "La Verità", l'Ospedale del Bambin Gesù si era detto disponibile ad accogliere il piccino che, con la sua manina alzata, con al polso la medaglietta di San Giuda Taddeo, il Santo dei casi "impossibili", sembrava, e sembra tuttavia, ringraziare tutti coloro che lottano per farlo vivere.
Dunque ieri speravamo che, finalmente, la Suprema Corte Inglese, concedesse ai genitori di portare il bambino a farsi curare all'estero, ma, in serata la doccia fredda. Dopo che i due eroici genitori, Chris Gard e Connie Yates, hanno chiesto di poter sottoporre il bambino a terapie sperimentali e dopo che l'avvocato di famiglia aveva presentato "i protocolli" , il Giudice Nicolas Francis, soprannominato in Inghilterra "il Giustiziere", della stessa Corte che aveva precedentemente condannato a morte il piccino, ha replicato categoricamente : "Io ho sempre fatto il mio lavoro e continuerò a farlo (...) sarebbe sbagliato cambiare Giudice" quanto al rinvio al 23 luglio chiesto dai genitori (in attesa che venissero testate le cure e si potesse presentare qualcosa di "nuovo") lo stesso Francis si è detto "molto preoccupato" considerando le condizioni del bambino descritte dal Greant Ormond Street Mengele Hospital, che ha in cura (sic!) Charlie. Dal canto loro anche gli avvocati dell'ospedale hanno detto no ad un ulteriore rinvio. La sentenza di morte verrà dunque rimandata a giovedì 13 luglio...almeno che, ancora una volta, medici e giudici, impressionati - nonostante la pulsione di morte rilevata in ogni loro comportamento - dalla mobilitazione mondiale non decidano ancora di....rimandare.
Loro non conoscono la grande potenza della preghiera. Ma sarà bene ricordare che, prima di questa ulteriore "condanna a morte" era partita una sorta di "sollecitazione" e di "incoraggiamento" per il boia : a parte il dottor Viale [vedi qui, l'esponente radical - comunista, che si augura che "i colleghi inglesi tengano la schiena dritta" ovvero che uccidano, a freddo, il piccolo Gad Charlie, il giornale della Santa Sede "L'Osservatore Romano" (e nessuno dice nulla?) con un articolo, a firma di certo Gianpaolo Dotto - e titolato "Charlie e Gesù" sentenzia: "Di fronte a questa tragedia umana come a tante altre simili, Gesù non direbbe niente, semplicemente si chinerebbe a disegnare per terra e aspetterebbe che si faccia silenzio. Non pronuncerebbe alcun giudizio, ma inviterebbe tutti ad andare oltre e a non peccare più..." Poi lo scrittorello, prono a novanta gradi di fronte al Demonio (lo scrivo con la lettera maiuscola come il cognome del Dotto) ci informa che non peccare più, secondo la sua dottrina, la dottrina dei nuovi farisei, degli apostati che vorrebbero apostatare con la benedizione del Papa, significherebbe: "ritrovare nel silenzio il mistero della vita e lasciare con fiducia che faccia il suo corso."
Mobilitiamoci amici miei, coraggio, facciamoci sentire, con la preghiera e con la nostra presenza, guardiamo gli occhi limpidi e puliti del bambino inglese e i volti addolorati ma sereni a un tempo di quei due genitori fantastici che lottano con tanta passione, infondendo anche nei nostri cuori speranza e coraggio. Salviamo la vita al piccolo Charlie.Lasciamo perdere gli assassini e i loro complici. Vomiteremo dopo pensando ai vari Viale e Gianpaolo Dotto.

Pucci Cipriani

venerdì 7 luglio 2017

La battaglia per la Tradizione liturgica. Uno scritto di don Giuseppe Laterza per il X Anniversario del Summorum Pontificum

Per ricordare il decimo anniversario del Motu Proprio Summorum Pontificum pubblichiamo qui di seguito le riflessioni di don Giuseppe Laterza che hanno il merito di individuare, con immediatezza di giudizio, i buoni frutti di un buon albero radicato nella Tradizione della Chiesa e nell'opera della Redenzione, e di indicare ciò che alla sua crescita oggi si oppone. Ben si comprendono le parole del Sacerdote pugliese, se si tiene costantemente presente che il  Summorum Pontificum deve essere contemplato non tanto come un'autorizzazione a celebrare a determinate condizioni un Rito "straordinario" (tutto ciò, se negli articoli del documento è rinvenibile, appartiene più al compromesso con Conferenze episcopali e altri potentati ecclesiastici che alla sostanza del pronunciamento), ma come il riconoscimento da parte di un Pontefice, che così si pronunciò autorevolmente sulla Liturgia della Chiesa, della non abrogabilità della "forma antica" della Messa. 

07/07/07 - 07/07/17 sono passati 10 anni dal Summorum Pontificum, legge di Benedetto XVI che, istituita non per riavvicinare i preti della Fraternità San Pio X, prevede la ripresa della celebrazione della Messa di San Pio V. Istituita per riprendere l'uso di un messale mai abolito e che ha nutrito per secoli la cattolicità; sdoganare i preti che volessero usare questo messale dalle richieste a vescovi e superiori, che spesso hanno negato nei tempi questi uso. Sono sorte molte messe in Europa e nel Mondo, molti giovani frequentano il rito di San Pio V, pochi anziani... molte vocazioni al sacerdozio. Ringraziamo Dio per quanto opera nella sua Chiesa.

Al contempo vogliamo anche notare gli aspetti negativi di quanto succede: tanti sacerdoti sono perseguitati e messi al margine delle loro realtà perché hanno scelto di usare questo messale e celebrano. Privati di incarichi parrocchiali e della possibilità di sostentarsi sono messi alle strette, obbligati a non seguire il motu proprio che è una legge della Chiesa. Vescovi che parlano di "pastorale" non si curano delle esigenze di una piccola porzione del loro gregge, ma fanno di tutto per estinguere con la forza il nascere e il conoscere questo rito, quasi come Erode si prodigò nel cercare il Fanciullo divino per farlo morire e come il Sinedrio si adoperò per evitare la predicazione Apostolica. Oh! Che temi Erode? Colui che viene non toglie regni umani! Che temete, Eccellenze Serenissime? Forse una Messa non santifica quanto l'altra? Forse una Messa vale più dell'altra? Forse temete venga meno qualcosa?

Ciò che Cristo ha unito nessuno divida: il popolo è di Dio e al sacerdozio ne spetta la guida e l'istruzione con ogni mezzo possibile. Non vorremmo combattere contro Dio nel far guerra alla Messa che per secoli è stata celebrata nelle chiese del mondo! Non vogliamo trovarci ad affrontare Dio e San Michele Arcangelo negando alla gente di nutrirsi intorno all'altare... e ai preti di celebrare! Se si danno le chiese ai musulmani per pregare, se si tollerano spettacolini durante le messe, messe aperitivo, balletti e coreografie varie, perché non permettere anche la Messa in Latino? Perché su questo tasto ci si divide in casa? Non si dialoga e non ci si ama? Non ha forse detto Gesù che l'amore è il principio vitale del Cristianesimo? Forse il Concilio Vaticano II non ha spinto il sacerdozio a guardare le nuove sfide pastorali?

Forse ci preoccupiamo troppo di cose umane, di mantenere un potere inutile e di evitare problemi... ma la vera via per il Regno passa solo attraverso un indicare la croce, un amore per l'altro che, discendendo dal nostro amore per Dio, può aprirsi al fratello. Ed il fratello non è il lontano, ma l'uomo che è affidato alle cure pastorali del sacerdozio. Quando qualcosa viene da Dio, più la si opprime è più cresce, perché lo Spirito che è nel cuore dell'uomo riconosce nella oppressione l'intervento diabolico che vuole ostacolare la Verità, che non vuole anime vicine a Dio. Fu così ai tempi degli Apostoli, più li opprimevano e più erano felici e più crescevano di numero! Sara così anche ai giorni nostri, perché più si vuol eliminare qualcosa e, se viene da Cristo, più si fortifica, perché lui è il vero Sacerdote, noi siamo solo partecipazione al suo Sacerdozio. Lui è lo Sposo, noi gli amici dello Sposo. Nell'oppressione la forza, perché in noi agisca la morte ed in voi la vita!

Riflettiamo, Chiesa e anime sono di Dio e non nostre, la Messa è opera di Dio che rinnova in modo incruento il sacrificio di Cristo e non un palcoscenico per soubrette mal riuscite, non un palco dove una comunità viene privata della trascendenza e del sacro. Dio ce ne chiederà conto... e sarà molto severo perché con Lui non si scherza...

lunedì 3 luglio 2017

Il caso Müller, la FSSPX, Francesco e il suo nuovo Prefetto. Un articolo del Professor de Mattei e una breve chiosa

Pubblichiamo le interessanti considerazioni del Professor Roberto de Mattei comparse oggi sul quotidiano romano il Tempo a margine della rimozione del Cardinal Müller dalla Prefettura della Congregazione per la Dottrina della Fede e della sua sostituzione tramite il teologo e gesuita spagnolo Monsignor Luis Francisco Ladaria Ferrer. Si tratta un articolo condivisibile nel suo complesso come nei singoli passaggi il quale merita però di essere integrato da due brevi richiami che sorgono spontaneamente dalla sua stessa lettura. Il primo riguarda il passato e ci porta ricordare che la nomina di G.L. Müller, il cui curriculum di vescovo e di studioso si colloca alla sinistra di quello di Larirda Ferrer, sembrò a suo tempo il frutto della decadenza del Pontificato di Benedetto XVI che chiamava a occupare un importante ufficio un suo vecchio allievo noto per essere stato il curatore dei Gesammelte Schriften del Professor Ratzingerper i buoni rapporti con alcuni rappresentanti della teologia della liberazione. Il secondo richiamo è di estrema attualità e riguarda una lettera che è stata resa nota la scorsa domenica presso le Cappelle della FSSPX, una lettera inviata recentemente dal Cardinal Müller a Monsignor Fellay (vedi qui) con la quale si pongono come condizioni del riconoscimento canonico della Fraternità l'accettazione della Professio fidei del 1988, degli insegnamenti del Concilio Vaticano II e del magistero successivo a esso nonché della legittimità oltre che della validità della Messa di Paolo VI. Poiché si tratta di uno degli ultimi atti del Cardinale tedesco, la cui simpatia per la FSSPX, sin dai tempi in cui era vescovo di Ratisbona, non è mai stata tanto spontanea e naturale, c'è da chiedersi quale sia il suo reale movente, se sia un colpo di coda di un antico nemico o il riflesso di una nuova mossa di papa Francesco nella lunga e per molti un po' misteriosa partita con Monsignor Fellay (nella lettera Müller affermerebbe di avere avuto l'assenso del Papa). 
In seguito alla preannunciata risposta negativa di Menzingen alle richieste di Roma saranno revocate le autorizzazioni concesse da Francesco alla Fraternità Sacerdotale San Pio X per quanto riguarda l'esercizio della giurisdizione nelle confessioni e nei matrimoni e la legalità delle ordinazioni e degli altri sacramenti? Quale sarà l'atteggiamento di Monsignor Luis Francisco Ladaria Ferrer nei confronti del più grande, diffuso e antico istituto della Tradizione cattolica? La lettera giunta a Fellay reca già la firma del nuovo Prefetto in sostituzione di quella di Müller?


La rimozione del cardinale Gerhard Ludwig Müller rappresenta un momento cruciale nella storia del pontificato di papa Francesco. Müller infatti, nominato prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede il 2 luglio 2012 da Benedetto XVI, ha solo 69 anni. Non è mai accaduto che un cardinale lontano oltre cinque anni dall’età canonica del pensionamento (75 anni) non sia stato rinnovato per un secondo quinquennio.
Basti pensare che vi sono prelati che, pur avendo dieci anni di più del  cardinale Müller, occupano ancora importanti incarichi, come il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontifico consiglio per i Testi legislativi, lo stesso porporato il cui segretario è stato recentemente colto in flagrante dalla gendarmeria pontificia, nel corso di un’orgia omosessuale a base di droga all’interno di un Palazzo appartenente al Vaticano. Coccopalmerio però aveva mostrato il suo apprezzamento per la Amoris laetitia, spiegando che «la Chiesa è sempre stata comunque il rifugio dei peccatori», mentre Müller non aveva nascosto le sue perplessità verso le aperture della Esortazione pontificia,  sia pure con dichiarazioni di natura oscillante. 
Sotto questo aspetto, il licenziamento del cardinale Müller  è un atto di autorità che costituisce una sfida aperta di papa Bergoglio a quel settore di cardinali conservatori ai quali il Prefetto della Congregazione per la Fede era notoriamente vicino. Francesco si è mosso con forza, ma anche con abilità. Ha iniziato a fare terra bruciata attorno a Müller, imponendogli di licenziare tre dei suoi più fidati collaboratori. Gli ha fatto poi ventilare fino all’ultimo la possibilità del rinnovo, pur senza mai dargli esplicite assicurazioni. Infine l’ha sostituito, ma non con un esponente del progressismo radicale, come il rettore dell’Università Cattolica di Buenos Aires, monsignor Víctor Manuel Fernández, o il Segretario speciale del Sinodo monsignor Bruno Forte. Il prescelto è l’arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, gesuita, fino a oggi segretario della Congregazione. La sua scelta rassicura e spiazza i conservatori. Ciò che alcuni di essi non comprendono è che  ciò che importa a papa Francesco non è l’ideologia dei collaboratori, ma la fedeltà al suo piano di “riforma irreversibile” della Chiesa.
Più che di vittoria di papa Francesco si dovrebbe però parlare di sconfitta dei conservatori. Il cardinale Müller non condivideva la linea di papa Francesco, ed era stato tentato di assumere pubblicamente una posizione contraria, ma la tesi corrente nel gruppo dei conservatori, era che fosse meglio che egli conservasse il suo posto tacendo, piuttosto che di perderlo parlando. Il Prefetto aveva scelto una linea di “profilo basso”. In un’intervista a Il Timone, aveva detto che  «La “Amoris laetitia” va chiaramente interpretata alla luce di tutta la dottrina della Chiesa. […] Non mi piace, non è corretto che tanti vescovi stiano interpretando “Amoris laetitia” secondo il loro proprio modo di intendere l’insegnamento del papa», ma in un’altra dichiarazione, aveva anche espresso la sua contrarietà alla “pubblicizzazione” dei dubia dei quattro cardinali. Ciò non ha evitato la sua rimozione.
Il “profilo basso”, nella strategia di alcuni conservatori, rappresenta un male minore rispetto al male maggiore della perdita del posto, conquistato dagli avversari. Questa strategia di “contenimento” non funziona però con papa Francesco. Qual è stato infatti l’esito della vicenda? Il cardinale Müller ha perso una preziosa occasione di criticare pubblicamente la Amoris laetitia e alla fine è stato congedato, senza neppure il dovuto preavviso. E’ vero, come osserva Marco Tosatti, che egli oggi è più libero di esprimersi. Ma se anche lo facesse, sarebbe la voce di un cardinale pensionato e non quella del Prefetto del più importante Dicastero della Chiesa. L’appoggio della Congregazione della Fede ai quattro cardinali che vanno avanti per la loro strada sarebbe stato rovinoso per chi oggi guida la Rivoluzione nella Chiesa e papa Francesco è riuscito ad evitarlo. La lezione della storia è che chi non combatte per non perdere, dopo il cedimento conosce la sconfitta. 

Roberto de Mattei 

fonte: Il Tempo, 2 luglio 2017