sabato 21 marzo 2020

Nell'abisso del cono normativo. Osservazioni sull'attuale divieto di culto in Italia

La dichiarazione di Walter Ricciardi, membro dell’OMS

A esplicitare il senso della norma del Decreto legge del 23 febbraio 2020 che sospende “le manifestazioni anche di carattere religioso” durante l’emergenza del coronavirus è stato il professor Walter Ricciardi che, nel corso di una burrascosa puntata di Domenica in (6 marzo), sostenne perentoriamente: “Non si possono celebrare cerimonie religiose di alcun tipo. Questo non vuol dire che le chiese debbano essere chiuse, ma le messe aperte al pubblico non si possono celebrare” (vedi qui). Ricciardi è docente di Igiene alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, consigliere del Ministro della Salute Speranza e membro dell’Executive Board dell’OMS nominato dal Governo italiano allora presieduto dall’attuale Commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni.
M. C.  Escher - Still Life and Street, 1937
La precisazione di Ricciardi, proprio in considerazione della sua collocazione istituzionale (Governo e OMS), non può essere considerata la semplice opinione di un medico e di un accademico, ma costituisce, in qualche modo, un’interpretazione autentica del testo normativo del Governo, e tradisce, prima ancora della volontà del legislatore italiano, le regole e i protocolli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’Italia è infatti membro di tale “istituto specializzato delle Nazioni Unite” che esercita “un certo potere vincolante, sempre in materie aventi carattere tecnico, nei confronti degli Stati membri” tramite l’emanazione di “regolamenti” in tema di procedure per “prevenire la diffusione di epidemie”. “Detti regolamenti entrano in vigore per tutti i Paesi membri [dunque anche per l’Italia] eccettuati quei Paesi che, entro un certo periodo di tempo, comunicano il loro dissenso (art. 22)”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità assume, in questo contesto, anche il compito di svolgere “un’intensa opera di assistenza tecnica” ossia di precostituire le soluzioni tecniche delle crisi sanitarie (così B. Conforti, Diritto internazionale, Editoriale Scientifica, Napoli 2002, pp. 153-157). L’azione del Governo italiano per arginare l’epidemia da coronavirus è stata ripetutamente elogiata dal Direttore dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus (vedi qui).    

A margine di ciò, si deve notare che i criteri dell’OMS non sono ormai da tempo dettati dal principio dell’oggettività e neutralità scientifica, bensì da una ben precisa ideologia. Dal 1985 l’OMS riconosce la gravidanza solo a partire dall’avvenuto impianto dell’embrione nell’utero, e, in tempi più recenti, ha ricompreso l’aborto tra gli strumenti della “salute sessuale e riproduttiva” (così stabiliscono le cd. “Linee guida sull’autocura”, presentate nel 2019, dal direttore dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus). Dal 1990 l’OMS definisce normativamente l’omosessualità “una variante umana del comportamento umano”, mentre il transessualismo, o “disforia di genere”, è stato depennato, non senza il favore del Dottor Ghebreyesus, dalla 72esima Assemblea Mondiale della Sanità dall’elenco delle malattie mentali, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

I decreti e le ordinanze del Governo Conte 

Dalle brevi considerazioni fin qui svolte si deve concludere che gli interventi normativi di urgenza del Governo Conte non si limitano a “inseguire”, secondo il mero quadro costituzionale, la “necessità e urgenza” (cfr. art. 77 Cost.) che si è prodotta storicamente sul territorio italiano. Essi cadono, piuttosto, in un contesto normativo più ampio che fa ingresso nell’ordinamento italiano, assorbendolo, attraverso le porte degli artt. 10 (fonti internazionali) e 117 c. 1 Cost. (“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”), e rimangono, per così dire, inseriti, quasi imprigionati, in quel “cono” normativo. E tutto ciò in un’evidente tensione tra l’eterodirezione (chi decide all’interno dell’OMS) e la reale necessità di intervenire nell’interesse pubblico delle popolazioni colpite dalla pestilenza.

Non ci si vuole qui soffermare sulla natura dell’emergenza, né su ogni aspetto delle restrizioni imposte, conformemente a quel “cono” normativo, in un ambito, quello della libertà personale e delle sue estrinsecazioni (artt. 13 ss. Cost.), costituzionalmente garantito da riserve di legge secondo la tradizione giuridica occidentale (Habeas corpus e Bill of Rights) che la Costituzione italiana fa proprio, ma soprattutto sulla limitazione della libertà del culto (cattolico) prontamente definita nei suoi contorni dal membro dell’Executive Board dell’OMS Walter Ricciardi.

Il primo atto approvato dal Governo Conte è il Decreto legge n. 6 del 23 febbraio 2020 (Misure urgenti di contenimento del contagio nei comuni delle Regioni Lombardia e Veneto). In quanto tale è un “atto avente forza di legge”, assimilabile alla legge ordinaria, e quindi soddisfacente, secondo una parte della dottrina, la riserva di legge prevista dall’art. 13 Cost. (libertà personale: “Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”) e almeno presupposta dagli articoli successivi che della libertà personale costituiscono appunto le estrinsecazioni (qui soprattutto art. 16: libertà di circolazione; art. 17: libertà di riunione; e art. 19: libertà di professione e di culto). Il punto c) dell’articolo 1 del Decreto prevede
sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico.
Nonostante la tempestiva concretizzazione da parte del Dottor Ricciardi (OMS), la limitazione del culto in quanto tale è affermata soltanto in maniera incerta e facilmente eludibile da questa norma, giacché difficilmente si potrebbe sussumere sotto la fattispecie, assai lasca, di “manifestazioni e iniziative di carattere religioso” la celebrazione della Messa domenicale o di un funerale. 

L’Ordinanza, sempre del 23 febbraio, del Ministero della Salute d’intesa con il Presidente della Regione Lombardia (ripresa da analoghe ordinanze reginali: Liguria, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia-Giulia) riporta la medesima norma del Decreto legge e così fa anche il Decreto del Presidente del Consiglio del 1 marzo che ne estende l’applicazione a ulteriori parti del territorio nazionale. Cambia, tuttavia, e non è poco, la natura degli atti (ordinanza e decreto ministeriale), non trattandosi più di atti legislativi, ma formalmente amministrativi seppur a contenuto normativo. È inevitabile porsi il problema della collocazione ordinamentale, della natura e della legittimità di questi atti e degli atti successivi del Governo italiano: si tratta di “regolamenti esecutivi” del Decreto del 23 febbraio (come farebbe pensare l'art. 2 del Decreto stesso)? Di “regolamenti autonomi” pericolosamente calati in materie riservate alla legge? O, come qui si sospetta, di atti immediatamente (o mediatamente) esecutivi dei regolamenti e dei protocolli (“cinesi”) dell’OMS? Inoltre: come inquadrare le sanzioni penali previste per i violatori da atti formalmente amministrativi, quand’anche vi siano richiamate norme contenute nel Codice penale o in altre fonti legislative?

Gli stessi dubbi riguardano il Decreto del Presidente dei Ministri dell’8 marzo 2020, il cui art. 1 (Misure urgenti di contenimento del contagio nella regione Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell'Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia) afferma
L'apertura dei luoghi di culto è condizionata all'adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro di cui all'allegato 1 lettera d). Sono sospese le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri.
Questa norma, che è stata frettolosamente, ma con un vago ritegno, recepita da una nota della Conferenza Episcopale Italiana dell’8 marzo (“L’accoglienza del Decreto è mediata unicamente dalla volontà di fare, anche in questo frangente, la propria parte per contribuire alla tutela della salute pubblica”) (vedi qui; e qui un accorato commento di Fabio Adernò), puntualizza in maniera impressionante il disposto del Decreto legge e ricalca quasi parola per parola la dichiarazione del Dottor Ricciardi (“Non si possono celebrare cerimonie religiose di alcun tipo. Questo non vuol dire che le chiese debbano essere chiuse, ma le messe aperte al pubblico non si possono celebrare”). Soprattutto non si limita a sospendere “manifestazioni e iniziative di carattere religioso”, ma sospende (in munere alieno, come si vedrà) “le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”. Da questo momento le Messe “aperte al pubblico” sono vietate nei luoghi previsti dal Decreto. E con un atto amministrativo, dubbiamente fondato, sono sospesi gli artt. 17 e 19 della Costituzione.

L’opera iniziata con il Decreto legge del 23 marzo e perfezionata nella fattispecie con il Decreto del Presidente del Consiglio dell’8 marzo, si è compiuta con l’art. 1 n. 2 del Decreto del Presidente del Consiglio del 9 marzo la cui formula sintetica estende il divieto (“sospensione”) del culto cattolico a tutto il territorio nazionale italiano (reiterando la sospensione degli artt. 17 e 19 Cost. via amministrazione): 
 2. Sull'intero territorio nazionale è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico. 
Sospensione (violazione?) del Concordato e negazione della libertas Ecclesiae 

Le norme dei Decreti emergenziali e delle ordinanze del Governo Conte (e dei Presidenti di Regione) non soltanto producono l’effetto di una relativa sospensione illegittima della Costituzione italiana alterando l’ordine delle fonti e violando la sfera di libertà personale e di culto degli individui, ma violano anche alcune principali norme concordatarie (del Concordato lateranense come modificato dall’Accordo di Villa Madama nel 1984) e quindi, ancora una volta, l’ordine costituzionale che ad esse rinvia (costituzionalizzando il principio concordatario): 
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale. (art. 7 Cost.)
E in particolare sembrano lesi dalla decretazione “cinese” del Governo i numeri 1 e 3 dell’art. 2 dell’Accordo sulla libertas Ecclesiae:
1. La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica.
3. È garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
nonché, in materia di assistenza spirituale in strutture di imperio e sanitarie, se si considera la più volte testimoniata impossibilità per i cappellani di accedere ai reparti in cui sono curati i pazienti colpiti da coronavirus (vedi qui), l’art. 11:
1. La Repubblica italiana assicura che l'appartenenza alle forze armate, alla polizia, o ad altri servizi assimilati, la degenza in ospedali, case di cura o di assistenza pubbliche, la permanenza negli istituti di prevenzione e pena non possono dar luogo ad alcun impedimento nell'esercizio della libertà religiosa e nell'adempimento delle pratiche di culto dei cattolici.
2. L'assistenza spirituale ai medesimi è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell'autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l'organico e le modalità stabiliti d'intesa fra tali autorità.
Tali norme, che possono anche essere contemplate nella loro natura di Diritto internazionale, finiscono per collidere con i “protocolli cinesi” raccomandati dall’OMS (con appositi regolamenti?) ai quali il Governo sembra accordare oggi assoluta preferenza. Ma, al di là di ciò, non può sfuggire che le regole concordatarie costituiscono certamente diritto oggettivo, di rango costituzionale per lo Stato italiano e di garanzia di libertà per la Chiesa nel suo complesso sul territorio italiano, ossia un diritto che non può in alcuna maniera considerarsi cedevole ad atti amministrativi del Governo e delle Regioni o a una concomitante nota della CEI o a dichiarazioni estemporanee dei vescovi nelle loro Diocesi, senza che siano violati contemporaneamente l’ordine costituzionale italiano, lo statuto della Chiesa cattolica in Italia e con esso la libertà di culto di ogni fedele cattolico.

In fondo al cono normativo


Le considerazioni fin qui svolte dimostrano che nelle ultime settimane si è aperto un “cono
normativo” che ha per vertice la competenza normativa e decisionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (la cui giurisdizione sembra essere elevata sull’intero mondo dalla dichiarazione di pandemia la cui ricaduta è necessariamente anche politica; vedi qui), per cerchi intermedi le successive rotture del diritto costituzionale per mezzo della decretazione di urgenza (legislazione parlamentare, riserva di legge, libertà personale, libertà di riunione, libertà di circolazione, libertà di culto, diritto ecclesiastico) e per base la realtà storica delle comunità intermedie, delle case, delle famiglie e degli individui privati sistematicamente dei conforti della religione e del culto divino, quasi un territorio continuamente sottoposto a imprevedibili incursioni e improvvisi “bombardamenti” normativi oltre che alla piaga della pestilenza. 

Tutto ciò – la chiusura delle chiese, il divieto dei funerali, la sospensione delle Messe domenicali, dei matrimoni, delle processioni, la violazione sacrilega di cerimonie in corso anche in assenza di fedeli o in presenza di un esiguo numero di persone, le reiterate minacce – eccede la “necessità e l’urgenza” come base fattuale e giuridica di un intervento amministrativo nella realtà sociale, la quale anzi in momenti di difficoltà si è sempre rivolta a immagini e cerimonie e riti senza rinunciare a implorazioni e preghiere pubbliche, e fa pensare a qualcosa di diverso che si innesta, a una forza che vuole provare, sottoporre, data l’imperdibile occasione, a un baconiano experimentum crucis la residua resistenza dei cristiani, in un contesto generalmente secolarizzato, alla privazione statale delle fonti della grazia.

A.S.

domenica 1 marzo 2020

L'apostasia di Lourdes. Un commento di Fabio Adernò

Con il seguente comunicato l'amministrazione del Santuario di Lourdes ha annunciato nelle ultime ore la chiusura delle piscine per prevenire il contagio del coronavirus:
"All'inizio della settimana, è stata istituita un’unità di vigilanza attorno al Rettore e al Presidio medico permanente del Santuario. La cellula è in contatto quotidiano con le autorità sanitarie e la Prefettura degli Alti Pirenei per applicare le misure del Ministero della salute. Le linee guida sulla salute sono state ampiamente diffuse nel Santuario, che adatterà le misure in base all'evoluzione della situazione. Di fronte alle numerose richieste che riceviamo, vogliamo ribadire che la nostra prima preoccupazione sarà sempre la sicurezza e la salute dei pellegrini e della comunità lavorativa del Santuario. Fino ad oggi, continuiamo ad accogliere pellegrinaggi, gruppi e individui. Per precauzione, le piscine sono state chiuse fino a nuovo avviso. E, come avviene regolarmente al Santuario, il gesto dell'acqua viene offerto ai pellegrini. Queste informazioni saranno aggiornate non appena necessario attraverso il sito Web di Sanctuary e i social network". (vedi qui il testo originale)
Ancora una volta registriamo la disponibilità di una Chiesa sempre più debole nella testimonianza della fede a subordinarsi all'immanenza normativa degli ordinamenti secolari (l'autorità del Vescovo di Lourdes sembra essere semplicemente omessa dagli autori del comunicato) cui qui si aggiunge il tragico paradosso di vietare l'accesso a un segno materiale di salute corporea, oltre che spirituale, che è scandalosamente considerato un potenziale mezzo di contagio. Segue un commento di Fabio Adernò, già intervenuto efficacemente a proposito della sospensione delle Messe nelle Diocesi del Nord d'Italia (vedi qui).

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Apprendere dai mezzi d’informazione che il “delirio da coronavirus” non risparmia nemmeno il Santuario Mariano di Lourdes è davvero raccapricciante. 
E ciò per due ordini di ragioni: la prima è relativa alla immane e irrazionale sproporzione tra “realtà del problema” e “misure preventive applicate”, manco fosse peste o colera... ma la seconda è quella più grave, e cioè l’evidente assenza di fede di chi ha assunto una decisione simile (che data la natura giuridica del santuario non può che essere, almeno in ultima istanza, l’Autorità Ecclesiastica locale).

Chiudere le piscine del Santuario che per antonomasia è il “luogo dei malati” per timore di non si sa bene cosa è una vergogna di cui dovranno rispondere a Dio e alla Sua Santissima Madre. 

Chiudere i battenti di quel luogo che la Vergine volle per lenire le sofferenze del corpo e dello spirito, un luogo di preghiera e sacrificio, che non ha mai temuto neppure le malattie più infettive né le ferite più purulente, significa confessare ad alta voce di non credere in Dio e nell’intercessione della Madonna. 

Chiunque di noi abbia avuto il privilegio di servire Cristo in quelli che l’Ordine di Malta, con buona ragione teologica, chiama “Signori Malati” ha ben chiaro cosa voglia significare quel luogo santo sperduto tra i Pirenei. 

Ma al di là dell’esperienza personale, il dato è oggettivo: quel luogo è un santuario che vive per la malattia, in funzione della sofferenza, del dolore. È un luogo che Dio stesso e la Madonna hanno voluto come spiritualmente catartico. 

A Lourdes non si va “per guarire” ma per “essere guariti” dal piombo dello sconforto, del buio spirituale, dell’immanenza di un dolore che non può comprendersi se non alla luce d’un senso soprannaturale, di quella sofferenza che innesca uno specialissimo rapporto Dio-Uomo perché quello stesso Dio, nella carne, ha sofferto ed è morto per la nostra redenzione.

Chiudere un luogo simile che è anche luogo simbolo di coraggio, di speranza, di fiducia, di abbandono alla volontà di Dio, significa bestemmiare, perché si sta pubblicamente dichiarando di credere che la (pseudo)salute del corpo è più importante di quella dell’anima, che la pastorale igienista ha il sopravvento su ciò che per millenni la Chiesa, facendo eco a Cristo, ha insegnato costantemente.

Nei secoli sono fiorite congregazioni e ordini religiosi con carismi ospedalieri, anche nei confronti di tutti quei soggetti che la medicina umana riteneva “incurabili”: pensiamo, a titolo d’esempio, ai Camilliani, alle Suore della Carità o alla mirabile opera di San Giuseppe Cottolengo.

Se solo si fosse applicata la metà della metà della pastorale igienista attuale non sarebbero stati nemmeno concepibili tali mirabili realtà ecclesiali, che hanno saputo dimostrare al mondo che non spera, non ama e non crede, che Dio esiste.

Si vergogni chi ha avuto l’ardire di compiere un atto così altamente sacrilego e blasfemo come questo!

Che la Madonna ci liberi da queste apostasie e ci sia presto il trionfo del Suo Cuore Immacolato, perché tutto ciò che stiamo vivendo - dalla privazione dell’Eucaristia alla chiusura dei luoghi di culto - è intollerabile per la fede e per la ragione.

* Si veda ultimamente anche l'ottimo commento del Professor Roberto de Mattei qui