giovedì 2 aprile 2020

Stella celi extirpavit. La tradizione medioevale di un inno mariano per il tempo della pestilenza

Dal 2007 una giovane studiosa inglese cura il blog A Clerk of Oxford (qui) nel quale si parla, con straordinaria perizia filologica e storica, di “letteratura e di storia medioevale inglese come anche di santi, chiese, folklore, vichinghi, poesia e di ogni altra cosa che mi interessa”, il tutto non senza una soffusa ironia che rende la lettura assai piacevole oltre che sempre interessante e istruttiva. Nel presente tempo di pestilenza, che ammorba anche la terra d’Inghilterra, il sito ha proposto una preziosa esposizione sull’inno mariano Stella Celi Extirpavit (attestato in Inghilterra a partire dal XV secolo) e sulla tradizione poetica, religiosa e musicale sviluppatasi intorno a esso. In particolare sono riportati e commentati la traduzione in inglese dell’inno attribuita a James Ryman (vissuto alla fine del XV sec.) e un componimento poetico di John Lydgate (1370-1450). Quest’ultimo fu monaco nel monastero benedettino di Bury St Edmunds, seguace di Chaucer, del cui figlio fu amico, e autore prolifico di prose e di versi (Mario Praz nella sua Storia della letteratura inglese, Sansoni, Firenze 1979, p. 42, lo definisce “il più voluminoso poeta inglese che nella prima metà del Quattrocento occupò una posizione predominante”, e cita un suo verso in cui “è riflesso l’umore del secolo”: “Chekemate to beawtye, seyth rymplyd age”: Scaccomatto alla bellezza, disse la grinzata vecchiaia. Come non pensare a L’autunno del Medioevo di Johan Huizinga?). Ryman fu invece frate nella Casa dei Francescani di Canterbury e autore di canzoni e inni religiosi, di una carola di Natale, di poesie in onore di San Francesco (definito “witty and wise”) e di dialoghi tra Cristo e sua Madre. In lui sembra essere ancora viva la tradizione mariana del francescanesimo inglese a partire da Guglielmo di Ware e dal beato Duns Scoto. Prima di leggere il testo di A Clerk of Oxford, di cui riportiamo qui di seguito la prima parte nella nostra emendabile traduzione, si raccomanda l’ascolto dell’inno Stella Celi Extirpavit nella meravigliosa resa gregoriana (qui). Alla tradizione musicale è dedicata la seconda parte dell'articolo che può essere consultata nel testo originale (qui).

Di ritorno in Avvento, rivisitai le poesie del frate del XV secolo James Ryman per scrivere un post sulla carola d’Avvento O Orient Light (qui). Lessi una serie di poesie di Ryman che non avevo mai visto prima, e registrai quelle che mi interessavano con un occhio ai blogpost futuri. Una mi sembrò insolita e ne presi nota, anche se ero abbastanza sicura che non avrei mai trovato un'occasione adatta per pubblicarla in questo blog. Ma era tempo d'Avvento, ed eccoci qui in Quaresima, la Quaresima più lunga della nostra vita. E questa è una preghiera per un tempo di peste.

The heavenly star so bright and clear, 
That fed the Lord of indulgence, 
Hath put away both far and near 
Of ghostly death the pestilenze, 
That our parent wrought by offence: 
[May] she cease the stars' war and wrath, 
That dimmeth us by sharp stroke of death. 

O spouse of Christ, mother of grace, 
O benign queen of heaven bliss, 
Cause us in bliss to have a place, 
Whereof the joy shall never miss, 
Where next unto God thy throne is, 
And for our sin and our misdeed 
Let not Satan ay us possess.

[La stella celeste così luminosa e chiara,
Che alimentò il Signore della grazia
Eliminò in prossimità e in lontananza
La pestilenza della morte spirituale
Che il nostro antenato ottenne col peccato:
Possa por fine alla guerra e all’ira delle stelle
Che ci offusca con l’acuminato colpo della morte.

O sposa di Cristo, madre di grazia,
O benigna regina della beatitudine celeste
Facci aver un posto nella beatitudine
Dove la gioia non deve mai mancare,
Dove il tuo trono è vicino a Dio.
E per il nostro peccato e i nostri misfatti
Non lasciare che Satana ci possegga.] 

È questa la traduzione di Ryman di Stella Celi Extirpavit, un inno attestato per la prima volta in alcuni manoscritti inglesi del XV secolo, nei decenni successivi alla Morte Nera. L’articolo di Christopher Macklin su Plague, Performance and the Elusive History of the Stella Celi Extirpavit (vedi qui) fornisce la storia dell'inno e, insieme alla traduzione, il seguente testo della versione latina più comune di Stella Celi (quella di Ryman è un po’ diversa):

Stella celi extirpavit 
que lactavit Dominum 
mortis pestem, quam plantavit 
primus parens hominem. 
Ipsa stella nunc dignetur 
sydera compescere; 
quorum bella plebem cedunt 
dire mortis ulcere. 
O gloriosa stella maris, 
a peste succurre nobis. 
Audi nos: nam Filius tuus 
nihil negans te honorat 
Salva nos, Jesu, pro quibus 
virgo mater te orat.

[Stella del cielo
che diede latte al Signore,
estirpò la peste della morte
che piantò il primo genitore degli uomini.
Quella stessa Stella or si degni
a trattenere gli astri
le cui guerre distruggono
il popolo con la crudele ulcera della morte.
O gloriosa Stella del mare,
soccorrici dalla peste.
Ascoltaci: infatti il tuo Figlio,
che ti onora, nulla ti nega.
Gesù salva noi, per i quali
la Vergine Madre ti prega.]

L’inno si rivolge a Maria e implora che, poiché suo Figlio eliminò la piaga del peccato che assalì l'anima, le sue preghiere possano aiutare a porre fine alla piaga che attacca il corpo. Il contesto storico specifico è chiaro: l'allusione alle “crudeli ulcere della morte” è un riferimento diretto ai gonfiori che erano uno dei sintomi della Morte Nera.

In linea con il pensiero scientifico del tempo, l'inno vede la malattia come originata dall'allineamento delle stelle, e così chiede l'aiuto di Maria come “stella del cielo”: la Vergine è immaginata come una buona stella della pace e della vita che può frenare la stelle maligne di guerra e morte. La lingua dell’inno attinge in parte anche alle immagini tradizionali di Maria come guaritrice e nutrice, concentrandosi ad esempio sull'alimentazione del suo Figlio (Lactavit Dominum). Nell'immagine di colei che “sradica” la pianta della morte, c'è forse anche un’allusione alla consolidata associazione medievale di Maria alle piante vivificanti, che la dipinge come un albero che porta il frutto della vita (vedi qui) o come un dottore che porta erbe curative (vedi qui). Nel complesso, Maria è presentata come tutto ciò che è salutare e nutriente, un potente interceditrice e portatrice di salute e speranza.

Questo testo è ampiamente registrato in fonti tardo medioevali, anche accompagnato dalla musica. Oltre alla versione di Ryman, scritta a Canterbury alla fine del XV secolo, ci sono altre due poesie inglesi basate sull'inno, attribuite al poeta John Lydgate di Bury St Edmunds. Eccone una (nell'ortografia moderna; qui in inglese medio):

Thou heavenly queen, of grace our lodestar, 
With thy chaste milk plenteous of plesaunce 
Gave Jesu suck, puttest away the war 
Of pestilence, to appease our grievance, 
Our well of mercy, our joy, our sufficence, 
Flower of virgins, mother of most price, 
Racedist up all surfetis of mischiante, 
That our forefather planted in Paradise. 

Thou same star, of stars none so bright, 
Celestial star of beauty most sovereign, 
To thee we pray, on us cast down thy sight, 
Only of mercy that thou not disdain, 
Of infected air the mists to restrain, 
That by thy gracious most wholesome influence 
We have no cause on hasty death to pleyne, 
Which slayeth the people by sword of pestilence. 

Our trust is fully, and our confidence, 
Undespaired in our opinion, 
Against all weathers of corrupt pestilence, 
By thy request and mediation, 
And by thy Son's glorious Passion, 
And remembrance of thy joys all, 
Against froward airs causing infection, 
Defend us, Lady, when we to thee call. 

For as Phoebus chaseth mists black, 
Toward midmorrow with his beams clear, 
And Lucifer biddith sluggy folk awake, 
In the orient first, when he doth appear, 
Right so mayest thou in thy celestial sphere, 
O star of stars, star of most excellence, 
Maid and mother, by means of thy prayer, 
Save all thy servants from stroke of pestilenze.


[Tu Regina celeste, nostra stella polare di grazia,
Che con il tuo casto latte pieno di grazia
Allattasti Gesù, allontana la guerra
Della pestilenza, per placare le nostre doglianze,
Nostra fonte di misericordia, nostra gioia, nostra pienezza,
Fiore delle vergini, madre di grandissimo pregio,
Tu che sradicasti ogni eccesso di sventura
Che i nostri padri piantarono in Paradiso.

Tu che sei stella, tra le stelle nessuna così luminosa,
Stella celestiale di sovrana bellezza,
A te rivolgiamo preghiere, rivolgi a noi di lassù il tuo sguardo,
Ch’è solo di misericordia, non disdegnar
Di trattener le nebbie di aria infetta,
Affinché, per la tua graziosa e salutare influenza,
Non dobbiamo piangere per l’affrettata morte,
Che uccide il popolo con la spada della pestilenza.

Piena è la nostra fiducia, e pieno il nostro affidarci a te,
Non c’è disperazione nella nostra fede,
Contro tutte le intemperie della corrotta pestilenza,
Per le tue istanze e per la tua mediazione
E per la passione del tuo glorioso Figlio,
E per il ricordo di tutte le tue gioie,
Contro le arie ostinate che causano l’infezione,
Difendici, o Signora, quando ti invochiamo.

Perché come Febo insegue le nere nebbie,
Verso mezzogiorno, con i suoi raggi splendenti,
E Lucifero [il sole] risveglia gli uomini dal sonno,
Quand’egli appare a Oriente,
Così tu, nella tua sfera celeste, possa,
O stella delle stelle, eccellentissima stella,
Vergine e madre, per mezzo delle tue preghiere,
Salvare tutti i tuoi servi dai colpi della pestilenza.]

A differenza dell’inno latino, questo componimento poetico e quello di Ryman non fanno riferimento alle ulcere; qui le descrizioni della malattia e della sua causa sono (forse deliberatamente) più generali, più applicabili a qualsiasi focolaio di malattia. Lydgate parla delle “arie ostinate che causano l’infezione” e delle “nebbie” malsane che egli chiede a Maria di spazzare via come il sole al mattino. La versione di Ryman è meno scientifica e chiede invece la liberazione dalla forza che “ci offusca con l’acuminato colpo della morte”. Il pensiero che le epidemie ci “oscurano” (vedi qui) ossia che gettano un’ombra scura sulle nostre vite, è particolarmente toccante. Tutte le versioni di questo inno, con le loro concezioni astrologiche e mediche, provengono da un mondo medievale molto estraneo a noi che, per una volta, appare molto vicino.

Nessun commento:

Posta un commento