Un anno fa individuavamo nella dichiarazione del Presidente del Consiglio Conte (“il primo diritto garantito della Costituzione è quello della salute”) e nella riflessione del costituzionalista Gaetano Azzariti (“Un punto deve essere chiaro. È vero che ci cono interessi in gioco che hanno rilievo costituzionale però, e penso a Thomas Hobbes, su tutto prevale il diritto alla vita, nella forma essenziale del diritto alla salute. Di fronte a questo tutti gli altri diritti devono essere limitati. È il primo compito dello Stato quello di tutelare la vita e la salute”) gli inizi ideologici di un sistema tirannico (la dittatura si iscrive, invece, ancora nel campo proprio del diritto ed è destinata a cessare con il venir meno dello stato di eccezione) (vedi qui).
In questi giorni è uscito un saggio del Professor Roberto de Mattei Sulla liceità morale della vaccinazione dal sottotitolo assai poco weberiano “Una risposta chiara ed esauriente a coloro che considerano la vaccinazione contro il Covid-19 in sé illecita, perché funzionale all'aborto” (Edizioni Fiducia, Roma 2021) e, sulla scia delle reazioni a questo testo, è apparso nel sito Corrispondenza Romana un “questionario”, sempre di de Mattei, sotto il titolo Dieci domande agli anti-Vax (vedi qui). Prima di recensire il libro Sulla liceità (tra le more dell’editore e delle Poste italiane), vogliamo qui soffermarci sulle “dieci domande” dello storico romano di cui abbiamo nel tempo condiviso e apprezzato tesi e posizioni, tentando alcune prime considerazioni.
La “liceità” del concetto
L’astrazione dal contesto storico e ideologico
Attraversa tutta la Nota della CDF la preoccupazione, già presente nella regola di p. Gabriel (si deve trattare di carne “tanto alterata e mutata”), dell’origine remota del materiale biologico utilizzato: «La ragione fondamentale per considerare moralmente lecito l'uso di questi vaccini è che il tipo di cooperazione al male (cooperazione materiale passiva) dell’aborto procurato da cui provengono le medesime linee cellulari, da parte di chi utilizza i vaccini che ne derivano, è remota» (n. 3). E, coerentemente, la preoccupazione della possibile funzionalizzazione attuale dell’apparato abortista alla produzione di vaccini (e, implicitamente, di altro materiale socialmente utile: farmaci, cosmetici, aromi alimentari etc.): «È da sottolineare tuttavia che l’utilizzo moralmente lecito di questi tipi di vaccini, per le particolari condizioni che lo rendono tale, non può costituire in sé una legittimazione, anche indiretta, della pratica dell’aborto, e presuppone la contrarietà a questa pratica da parte di coloro che vi fanno ricorso» (n. 3). Viene a tal proposito in mente il mercimonio di feti intrapreso da organizzazioni come Planned Parenthood meritoriamente denunciato a più riprese dal sito americano lifesitenews.
È quindi problematico affermare astrattamente, senza soffermarsi sulla origine remota delle linee cellulari fetali utilizzate, la “liceità morale della vaccinazione”, e ciò perché il concetto “lecito” (assai prossimo al concetto di “legale”) tende subito a essere assorbito nel “cono normativo” (vedi qui) di un ordinamento attuale e vigente di leggi dominato dal principio leviatanico apicale secondo cui «su tutto prevale il diritto alla vita, nella forma essenziale del diritto alla salute» (Azzariti), un ordinamento in cui difficilmente può trovare tranquilla cittadinanza la regola enunciata dal Teologo morale. Forse il saggio del professor de Mattei avrebbe potuto più convenientemente essere intitolato Della legittimità morale della vaccinazione – sospettiamo con conclusioni più condivisibili per il pubblico cattolico.
In realtà, con riguardo al contesto storico, ideologico e positivamente normativo nel quale la “liceità morale del vaccino” è affermata, più che di “complotto” (circostanza che, d’altronde, in una ricerca libera non può essere esclusa a priori) si dovrebbe parlare di un movimento effettivamente e attualmente operante e tentazionale, che tende ad attrarre e porre ogni regola nella sfera del proprio dominio. Ma tutto ciò è ridotto da de Mattei all’irrilevanza della mera circostanza e della proiezione del pensiero complottista.
Rimangono domande tanto fondamentali quanto concrete: siamo assolutamente certi del fatto che la produzione dei cd. vaccini anti-Covid tradizionali (AstraZeneca, Sputnik) attinga soltanto a linee cellulari di aborti remoti? A “carne tanto alterata e mutata”? Oppure assistiamo all’inaugurazione trionfale di un’industria sanitaria del “diritto supremo della salute” cui è funzionale il sistema legislativo dell’aborto? Ciò ci introdurrebbe a un “nuovo mondo” apertamente anticristiano. In questo spazio problematico si collocano e trovano certamente legittimità le posizioni e i caveat (perché no?) magisteriali dei vescovi americani che non contraddicono necessariamente la ratio della Nota della CDF (vedi qui).
I nuovi vaccini
Come si è appena accennato, i nuovi vaccini (ad es. Pfizer e Moderna) che intervengono tramite l’RNA sul patrimonio genetico umano, non sono presi (almeno espressamente) in considerazione dalla Nota della CDF. Certamente non sono sussumibili sotto la regola del Teologo morale (se non per il fatto apparentemente provvisorio che anche qui si fa uso di linee cellulari fetali). De Mattei nelle “dieci domande” non vi fa accenno, lasciando nel lettore il sospetto che il concetto di “liceità morale” possa essere esteso anche a questi (bisognerà leggere il saggio). E qui si pone la questione fondamentale (e l’omissione più preoccupante) che, in fondo, domina tutto il tema.
Qui si pone, insomma, il tema, per lo più trascurato dalla dottrina cattolica tradizionale (non però da Benedetto XVI, Caritas in veritate, VI), dell’“essenza della tecnica” e del suo “dominio” che trascende e include normativamente lo stesso dominio del Leviatano, ponendo il “diritto supremo alla salute” al proprio servizio. Il problema della tecnica è stato tematizzato a fondo dalla filosofia moderna, con particolare profondità da Ernst Jünger che vi vede la realizzazione oggettiva di una “forma entelechiale” (Gestalt), dal fratello Friedrich Georg che di questa realizzazione fa emergere l’aspetto più anti-umano, il puro automatismo svincolato da ogni finalismo, e, sulla scia di questa riflessione (esposta esemplarmente ne La perfezione della tecnica, Settimo Sigillo, Roma 2000), da Martin Heidegger che descrive la tecnica come impianto (Gestell) che provoca l’estremo oblio dell’essere e dell’esperienza umana (così soprattutto nelle Conferenze di Brema e di Friburgo, Adelphi, Milano). Nell’impianto tecnico la regola necessitante è la fattibilità: lo scienziato non si ferma di fronte alla fattibilità, e tutto il “cono normativo” è soggiogato alla sua norma. Tutto è posto dalla tecnica e dai suoi organi esecutivi.
La forza efficiente e normativa della fattibilità – come osserva Hans-Georg Gadamer - deriva, in ultima analisi, dall’eliminazione della visione teologica del mondo nel moderno e dalla sua sostituzione con la tecnica come “forza autonoma dell’essere”, la cui essenza, proprio per escludere ogni creatore, si formalizza, secondo la lezione di Heidegger, in un porre universale. «In tal guisa abbiamo fatto ingresso in un secondo mondo che possiede un proprio linguaggio e propri concetti fondamentali». «Il mondo dominato dalla tecnica moderna» non è più l’ordine creato retto dal suo Creatore, «è un altro mondo» (così H.-G. Gadamer, Umanesimo e rivoluzione industriale, in Id., La filosofia nella crisi del moderno, Herrenhaus, Seregno). In questo spazio del “cono normativo” il fattibile diventa normativo, il legittimo diventa il lecito, e il lecito il meramente legale. E non appare scandaloso (come apparirebbe sotto il dominio del buon Dio) che si possa vincere un virus modificando l’ordine genetico dell’essere umano, ormai totalmente posto sotto la lewisiana “orribile forza”.
A.S.
Al di là del vaccino la domando che mi pongo, senza riuscire a trovare una risposta soddisfacente, ruota intorno all'eventuale disponibilità di ciascuno a rinunciare alla vita quando l'alternativa è l'assunzione di un farmaco frutto di una linea cellulare compromessa.
RispondiEliminaIl frutto spaventoso della tecnica è la solitudine che però, credo, è l'unico osso che dobbiamo rosicchiare finchè non ritroviamo Dio.
Grazie. Una riflessione su cui meditare e da riprendere.
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