domenica 2 agosto 2015

Riprovazione della Laudato si'. Un commento del Professor Radaelli all'ultima enciclica di Francesco.


Riceviamo dal Professor Enrico Maria Radaelli, che ringraziamo per l'autorizzazione di pubblicarlo, un magistrale commento all'Enciclica di Francesco Laudato si'. Il Professor Radaelli ricorrendo alle categorie ameriane e ai solidi parametri ricavati dalle proprie opere e riflessioni sottopone a un vaglio tanto rigoroso quanto proficuo le pagine di una "Lettera enciclica  più lunga di tutto il Nuovo Testamento messo insieme". 

Piero di Cosimo - Vulcano ed Eolo maestri dell'umanità (1500-1505 ca.)


COMMENTO ALL'ENCICLICA LAUDATO SI'

IL PROBLEMA DELL’UOMO È IL PROBLEMA DELL’ADORAZIONE E TUTTO IL RESTO È FATTO PER PORTARVI LUCE E SOSTANZA.

Così scriveva Romano Amerio nel giugno 1926 in Di un bisogno dei contemporanei (Pagine nostre, periodico della diocesi di Lugano), ventunenne studente alla Cattolica di Milano.

È invece forse cambiato, “il problema dell’uomo”, in questi quasi cento anni da quel lontano giugno di fresche, assolutistiche e specialmente molto veridiche scoperte ameriane?
Oggi, giugno 2015, Papa Bergoglio ha immerso la Chiesa in una Lettera enciclica che asserisce urbi et orbi essere il problema dell’uomo tutto tranne quello dell’adorazione. La Laudato si’ è la più esemplare cartina di tornasole dello stato della civiltà occidentale oggi: una civiltà tutta post cristiana.
Infatti: le chiese di tutto il mondo ormai da decenni si stanno svuotando di giorno in giorno di milioni di fedeli. E dove vanno questi milioni di fedeli gioiosamente apostati? Non vanno solo a zonzo qua e là, quasi senza sapere dove andare, ma vanno in un luogo preciso, in un dirupo, in un abisso scosceso e senza fondo, che loro credono di vedere come un luogo ameno e solatio, il luogo dei piaceri e dei canti: vanno a ingrossare, spensierati e felici, le fila del liberalismo, dell’agnosticismo, dell’ateismo militante, che permette loro di fare finalmente quel che vogliono, una pacchia. E nei pochi che restano nella Chiesa il sentimento religioso, intanto, si immiserisce nell’abitudinarietà, nella pochezza spirituale, nella caduta del timor di Dio, tutta colpa, queste tre infinite miserie, della perdita di apprezzamento e di venerazione del dogma (la liturgia nasce dal dogma), sovrastato e ormai come cancellato dalla terra della Chiesa.

È la “Guerra delle forme”, o “delle due forme”: la forma dogmatica contro la pastorale, la forma pastorale contro la dogmatica. Guerra che tutti combattono e di cui nessuno parla o vuol parlare: da cinquant’anni i Pastori della Chiesa si procurano in tutti i modi di vessare il magistero dogmatico così da anteporgli con ogni mezzo, fondamentalmente con argomentazioni che in giurisprudenza cadrebbero sotto il nome di ‘falso ideologico’, il magistero pastorale, il quale però è un magistero a metà, è un magistero che vive e respira solo se dietro e tutt’intorno a lui è presente e gli dà aria il magistero dogmatico, e oggi, essendo tutti obnubilati da tali devianti registri (v., di chi scrive, Che cosa può cambiare e che cosa non può cambiare nella Chiesa, in Dogma e Pastorale. L’ermeneutica della Chiesa dal Vaticano II al Sinodo sulla famiglia, a cura di Antonio Livi, Leonardo da Vinci, Roma 2015, pp. 71, 103-6, 112, 139), non si trova un Pastore che sia uno che osi eccepire su religiosità, convenienza, e, specialmente, correttezza dottrinale della Laudato si’. Ciò che si vedrà qui.
    
Mettiamola pure così: la natalità di nazioni feconde come Italia, Francia e Germania è precipitata, superando persino il cosiddetto “punto di non ritorno”, e – ancor più grave – di ciò nessuno se ne occupa e preoccupa, pur se personalità come Ettore Gotti Tedeschi da anni fanno notare che tutta l’economia e il benessere sociale delle nazioni sono al traino della loro natalità. La quale natalità però, a sua volta, è al traino della religione, perché è solo in virtù della fede che l’uomo sa ritrovare i mezzi per vincere il proprio egoismo, sa prendere in mano responsabilmente il proprio dovere di generare a Dio altri figli nella fede, sa dare loro i mezzi per vivere adorandolo, così portando « luce e sostanza » a questo altissimo fine ultimo, solo per il quale l’uomo è stato creato e non adempiendo il quale l’uomo da se stesso si danna in eterno.
La situazione, insomma, è tale da poter affermare con certezza e senza ombra di dubbio che davvero “il punto di non ritorno”, se vogliamo chiamarlo così, tanto sognato dai liberali quanto ritenuto impossibile – e a ragione – dai cattolici, sarebbe arrivato anche per la cristianità. “Punto di non ritorno” che peraltro la cristianità, coll’indizione in forma meramente pastorale del concilio Vaticano II, si è accuratamente cercato, si è pervicacemente voluto. È proprio con quell’apertura che la forma pastorale attaccò tanto pesantemente quanto inaspettatamente la forma dogmatica, dando inizio a quella devastante “Guerra delle forme” che porterà in pochi decenni alla scomparsa della Chiesa dalla scena culturale di tutto il mondo occidentale e alla scristianizzazione pressoché totale che si diceva della civiltà.

Ma mentre le nazioni fino a ieri cristiane possono ora sbandierare felicemente un’almeno apparente vittoria del Liberalismo sul Veritarismo proclamando la fine della cristianità, rimpiazzata in ogni ramo del sapere dal pensiero anticattolico, la civiltà laicista, agnostica e atea che ne ha preso momentaneamente il posto con prepotente, melliflua, ma inarrestabile e smisurata violenza culturale, è giunta ormai quasi al suo prefissato e ben studiato traguardo, e la dimostrazione di ciò la si ha in particolare nelle arti: nell’arte propriamente detta, ma poi specialmente nella letteratura, nel cinema, nella tv, nelle pagine culturali dei giornali, nel modo stesso con cui si danno ormai oggi le notizie: è evidente a tutti l’invasione capillare e incontrastata dell’ambienza liberale, del nuovo e tutto antropocentrico clima culturale regnante su popoli e nazioni, che – pare – in tal modo finalmente possono ben vivere e prosperare non solo, come si diceva ai tempi di Spinoza, etsi Deus non daretur, “come se Dio non esistesse”, ma di più: velut si Deus homo ipse esset, “come se Dio fosse lo stesso uomo” (che è il pensiero più senza senso che un uomo possa avere), infatti ciascun uomo è oggi ormai Dio a se stesso.
Tale è il Liberalismo.
E che il Papa sia, come quelli dicono, “dalla nostra”, proprio questa purtroppo in nulla francescana Lettera circolare Laudato si’ ben lo dimostra. 
                         
1. I FATTI.

19 giugno 2015. Esce la seconda Lettera enciclica di Papa Francesco, che poi in realtà, essendo stata la Lumen Fidei concepita e scritta fondamentalmente da Papa Ratzinger, è la sua prima.
Essa, fin dal titolo, Laudato si’, oltre che per il tema, vorrebbe essere improntata, come può immaginarsi, a colui che dovrebbe essere il suo ispiratore ideale, san Francesco d’Assisi. Ma non lo è: è una Lettera tecnico-politica, non religiosa, che si muove su un terreno tecnico-politico, non religioso, dove il fine ultimo, l’obiettivo da perseguire è tecnico-politico, non religioso: « Affermiamo – dice al n. 127 – che “l’uomo è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale" (Gaudium et Spes, 63) ». L’uomo. Non Dio. Possibile? 
Ancora una volta c’è da avanzare forti riserve sulla reale consistenza del legame cui Papa Francesco tanto tiene col sublime Serafico: c’è da chiedersi se p. es. quest’ultimo avrebbe mai concluso un’Enciclica non con una, ma con due preghiere, nessuna delle quali però “giusta”: una che dovrebbe essere pregata da un certo gruppo di credenti, l’altra da un altro: la prima da un gruppo al 100% inclusivista, irenico e quanto mai impregnato del falso e fuorviante “spirito d’Assisi” di woytjliana memoria, che si rivolge a un generico e imprecisato “dio” pregato dall’insieme di tutti i credenti di tutte le religioni del mondo quali che siano; l’altra da un secondo gruppo, e questo, nella mente del Papa, più esclusivista, diciamo quasi esclusivista, se non fosse anch’esso ecumenico, cioè pancristiano, formato da cattolici, luterani, evangelici, anglicani eccetera, cioè e da cattolici e da eretici.
Ma – direbbe san Francesco, quello santo, esclusivista e strettamente cattolico e trinitario –, una preghiera da far dire ai soli cattolici, no? “Per soli cattolici”: che poi sarebbero gli unici a seguire la verità, dunque ad adorare Dio, dunque gli unici di cui Dio ascolterebbe la preghiera. Ma questo concetto si è perso da tempo, non lo crede più nessuno.