Così Newman concludeva il Tract 90 riferendosi ai "cattolici" della Chiesa d'Inghilterra:
"La Confessione protestante fu redatta col proposito di includere i cattolici e i cattolici non sarebbero stati esclusi da essa. Quel che fu economia nei riformatori è per noi una tutela. Ciò che era stato per noi allora motivo di imbarazzo, è motivo di imbarazzo ora per i protestanti. Non avevamo potuto trovare difetto nelle loro parole allora, non possono ora ripudiare il significato che noi diamo alle stesse" (cit. p. 106).
Si trattava in fondo di un estremo tentativo di ermeneutica della continuità destinato ad accendere un conflitto più profondo di quanto una dichiarata rottura avrebbe potuto fare. Il "significato che noi diamo alle stesse" era la fede cattolica che i protestanti non avrebbero mai accettato.
Ancora nel 1841, in seguito alla pubblicazione del Tract 90, Newman scriveva in una lettera indirizzata al Reverendo R.W. Jelf:
"Devo confessare di essermi turbato a mia volta del fatto che persone che hanno sopportato pazientemente negli anni passati e al presente disconoscimenti del Credo di Atanasio e della dottrina della rigenerazione battesimale si siano ora allarmati tanto quando un membro dell'università, senza il proprio nome, ha fatto affermazioni nell'opposta direzione. Nè mi posso pentire di ciò che ho pubblicato" (cit. p. 135).
Newman e i suoi amici si turbarono un poco, poi venne il tempo della preghiera e dell'eremo di Littlemore, e infine l'ora del ritorno alla perfetta fede cattolica. I Trentanove Articoli non furono più un problema.
Distrattamente si potrebbe pensare a una storia d'oggi.
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