sabato 20 giugno 2015

Podemos. Ciò che il nuovo corso poté fare per distruggere le nazioni cristiane

Nel 2005 il Presidente del Governo spagnolo Zapatero fece approvare con legge dalle Cortes il "matrimonio omosessuale" e modificare l'art. 44 del Codigo civil che prevedeva espressamente l'"uomo e la donna" come contraenti del matrimonio, seguirono l'allargamento del "diritto di adozione" alle copie dello stesso sesso e la liberalizzazione della fecondazione assistita. La caduta della Spagna fu il primo frutto maturo raccolto dalle forze anticristiane e fatto girare come trofeo in tutto il mondo. Da quel momento uno dopo l'atro apostatarono dalla fede e dall'ordine naturale molti stati rappresentanti nazioni cattoliche, la Repubblica portoghese (2010), la Repubblica Federale Argentina (2010), la Repubblica francese (2012), la Repubblica Federale del Brasile (2013), la Repubblica Orientale dell'Uruguay (2013), la Repubblica di Malta (2014), la Repubblica Slovena (2015), il Granducato di Lussemburgo (2015), la Repubblica d'Irlanda che ha scelto i "matrimoni omosessuali" tramite referendum (2015). Anche se forse non in tutti questi casi l'apostasia degli stati è stata anche apostasia delle nazioni, è certo che in nessun luogo si sono registrate resistenze efficaci al sovvertimento (come non ci furono ai tempi delle legislazioni divorziste e abortiste). In realtà la causa più evidente del crollo del cattolicesimo in paesi nei quali l'alleanza fra popolo e clero cattolico era servita fino a pochi anni prima a tener testa alle tentazioni del laicismo e alle sue violenze, non può non cogliersi nella defezione della gerarchia cattolica che, quando non si è dimostrata del tutto immunodeficiente alla malattia (vedi qui), ha trovato una propria dimensione pastorale nel suo espandersi (vedi qui ). In fondo a tutto c'è una nuova costituzione della fede e della Chiesa che da più quarant'anni è entrata in concorrenza con la Tradizione e che pretende obbedienza da parte di Papi, Cardinali, Vescovi, clero e fedeli, generando schizofrenia nel magistero, confusione nei popoli e generale apostasia. Riportiamo qui, tratto dalla storia spagnola, un episodio iniziale ed emblematico di questo nefasto operare della gerarchia ecclesiale in mezzo alle nazioni cattoliche. .

Purtroppo, come fu per molti milanesi formati quasi sempre alla “scuola del Manzoni”, Paolo VI non conosceva né comprendeva la Spagna; anzi, in un certo senso la detestava, ritenendo in particolar modo la Spagna di Franco – già ripudiata dal suo maestro Maritain fin dalla Guerra Civile – colpevole di concentrare in sé il peggio di queste terre. Già da cardinale aveva dimostrato un atteggiamento molto negativo contro la Spagna; da Papa, nel suo intento di “politicizzare” in modo flagrante, ingiusto ed unilaterale la Chiesa spagnola, causò un danno difficilmente valutabile. […]
Paolo VI, che era stato per tutta la sua vita un’attivista politico della Democrazia Cristiana, vi si ostinò anche da Pontefice e favorì quasi apertamente l’ala sinistra del gran partito cattolico, che sempre più affondava nello smarrimento e nella corruzione; e non riuscì ad evitare la crisi irreversibile di quel partito.
Nella “gestione spagnola” poi, interferì indebitamente mediante un criterio che a molti spagnoli sembrò più politico che pastorale. Nella sua ossessione antifranchista favorì, purtroppo per colpa del suo consigliere (l’Arcivescovo Giovani Benelli), quei Vescovi, sacerdoti e cattolici contrari al regime di Franco e non si fermò fino a riuscire, per mezzo di un nunzio nefasto come Mons. Luigi Dadaglio, a capovolgere la maggioranza della Conferenza episcopale in senso antifranchista.
Come abbiamo visto poco prima, il nunzio Dadaglio fu designato nel 1967 ed il leader eletto dalla Santa Sede per la “nuova tappa” della Chiesa spagnola fu Mons. Tarancón, acerrimo antifranchista fin dal Concilio, ma dotato di una vocazione politica opportunista più che di buon senso pastorale – basti guardare ad esempio in quali nefaste condizioni lasciò il Seminario di Toledo quando passò per quella diocesi.
Per concludere questo breve excursus, si può sostenere che il cambiamento iniziò quando Franco era ancora in vita, quando già all’epoca, per tramite di Tarancón, cominciò il distacco della Chiesa spagnola: fu appunto la Chiesa, fino a quel momento pilastro del regime, a favorire il passaggio alla futura democrazia.
Per riuscirvi, Tarancón e Dadaglio non indugiarono nel “politicizzare” la Chiesa di Spagna, che così entrò in un lungo periodo di decadenza sacerdotale e di molteplice confusione, con gravissima perdita di prestigio presso il popolo, un’emorragia dalla quale non si è ancora rimessa e forse mai più si rimetterà.

(brani tratti da RICARDO DE LA CIERVA, Historia esencial de la Iglesia Católica en el siglo XX, Fénix, 1997, nella traduzioni riportata in appendice a MANUEL GARRIDO BONAÑO O.S.B., Francisco Franco. Cristiano esemplare, Effedieffe 2014)

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