Il 2 Febbraio scorso ha inviato ai sacerdoti della sua Diocesi una lettera intitolata "Die Heiligkeit des Ehebandes - La santità del vicolo matrimoniale" (vedi qui e riassuntivamente qui) nella quale stabilisce alcune direttive per i confessori entrando nel merito del discusso Capitolo VIII dell'Esortazione Apostolica Amoris Laetitiae. Pur nella sua finalità pastorale e nel suo tono del tutto mite e sereno, questo documento appare importante perché il Vescovo della Diocesi più antica della Svizzera fa coincidere i propri parametri interpretativi, elevandoli a criteri normativi per tutto il suo clero, con quelli su cui si sono sapientemente fondati i Cardinali Brandmüller, Burke, Cafarra e Meisner nella formulazione dei Dubia a proposito di alcuni punti dello stesso Capitolo VIII della Amoris Laetitia (vedi tra gli altri contributi qui e un'ampia rassegna qui). Come ribadito dagli stessi Cardinali tali principi risalgono ultimamente alle fonti della Rivelazione: Sacra Scrittura e Tradizione. Riportiamo qui di seguito, nella nostra traduzione, la lettera di Monsignor Huonder.
Cari Confratelli nel sacerdozio,
nella discussione del documento post-sinodale Amoris Laetitia l’attenzione si è concentrata sul Capitolo VIII e sulla questione delle persone civilmente risposate. Per questa ragione, nella mia responsabilità di Vescovo, mi accingo a dare alcune indicazioni ad uso dei pastori d’anime e dei confessori.
Innanzitutto vorrei stabilire quanto segue: il Santo Padre nell’introduzione dell’Amoris Laetitia afferma “che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero” (AL 3). Questa dichiarazione permette di riconoscere la rilevanza dell'Esortazione Apostolica post-sinodale.
In conformità a queste istruzioni contenute nell’Amoris Laetitia esorto i sacerdoti a osservare le seguenti indicazioni:
1. Punto di avvio dell’accompagnamento, del discernimento e dell’integrazione deve essere la santità del vincolo matrimoniale. Compito della cura delle anime deve essere quello di destare o ridestare la coscienza della santità del vincolo matrimoniale. Il Santo Padre parla della “pastorale del vincolo”. La traduzione tedesca ufficiale di “vincolo” [italiano nel testo] con “Bindung” è troppo debole. Pertanto parlo qui espressamente di “vincolo matrimoniale” [td.: “Eheband”].
2. Il vincolo matrimoniale [“Eheband”], che è già santo nell’ordine creato (matrimonio naturale), lo è tanto più nell’ordine della nuova creazione (ordine della Redenzione), quando sorge attraverso il matrimonio sacramentale (ordine sovrannaturale). La formazione delle coscienze intorno a questa verità è un compito urgente del nostro tempo (vedi AL 300) [vedi Dubbio 2] (2).
3. Questa formazione delle coscienze è tanto più necessaria dal momento che un pastore non può ritenersi soddisfatto “solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni ‘irregolari’, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone” (AL 305). Lo stesso vincolo matrimoniale è un dono dell’amore, della sapienza e della misericordia di Dio, un dono che garantisce agli sposi grazia e sostegno. Per questa ragione il riferimento al vincolo matrimoniale deve collocarsi al primo posto nel cammini di accompagnamento, di discernimento e di integrazione [vedi Dubbio 2].
4. Se un Confessore, durante la Confessione di un penitente sconosciuto (nell'ambito di una “Confessione occasionale”), si imbatterà in questioni che riguardano il vincolo matrimoniale e necessitano di un chiarimento, chiederà al penitente di affidarsi a un Sacerdote che possa percorrere con lui un più lungo cammino di conversione e di integrazione, oppure si metterà in rapporto con lui al di fuori della Confessione [vedi Dubbio 5].
5. Nella cura delle anime di divorziati civilmente risposati si deve innanzitutto verificare se la celebrazione del matrimonio (il “primo matrimonio”) sia avvenuta in maniera valida, se il vincolo sia realmente valido. Questa verifica non può essere effettuata dal singolo Sacerdote, non di certo in confessionale. Il Confessore deve indirizzare la persona interessata all’Ufficio competente della Diocesi.
6. Comunque stiano le cose in merito alla validità della celebrazione del matrimonio, un’unione fallita dev’essere in ogni caso trattata con umanità e conformità alla Fede. Ciò significa che deve essere intrapreso un cammino pastorale più lungo, che richiede maggior pazienza. “In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio. Una sincera riflessione può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio che non viene negata a nessuno” (AL 300). “I Pastori che propongono ai fedeli l’ideale pieno del Vangelo e la dottrina della Chiesa devono aiutarli anche ad assumere la logica della compassione verso le persone fragili e ad evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti. Il Vangelo stesso ci richiede di non giudicare e di non condannare” (AL 308).
7. Non è lecito che l’accesso alla Santa Comunione da parte dei divorziati civilmente risposati sia lasciato alla determinazione soggettiva. È necessario fare riferimento a dati oggettivi (alle condizioni stabilite dalla Chiesa per accostarsi alla Santa Comunione). Nel caso dei divorziati risposati è determinante la considerazione del vincolo matrimoniale esistente [vedi Dubbi nr. 1, 2, 3, 4, 5] (3).
8. Se durante la Confessione è richiesta l’assoluzione di un divorziato civilmente risposato, è necessario verificare che la persona in questione sia disposta ad accettare le direttive del punto 84 dell’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II del 12 Novembre 1981 (4), ossia che, qualora entrambi i partner “per seri motivi … non poss[a]no soddisfare l’obbligo della separazione” (AL 298), sono tenuti a vivere insieme come fratello e sorella”. Questa regola non ha cessato di essere vigente anche soltanto per il fatto che l’Esortazione Apsotolica Amoris Laetitia non prevede espressamente alcuna “nuova normativa generale di tipo canonico” (AL 300). Il penitente dovrà dimostrare la ferma volontà di vivere in osservanza del vincolo matrimoniale sorto dal “primo” matrimonio [vedi Dubbio nr. 1, 4, 5].
9. Nella preparazione e nella guida delle coppie di fidanzati e di sposi e delle famiglie non dimentichiamoci mai le parole di San Paolo: “Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa” – “Sacramentum hoc magnum est, ego autem dico in Christo et in Ecclesia” (Ef 5, 32)!
Ringraziandovi per la fedeltà al Signore e alla sua missione, vi saluto cordialmente e unisco la mia benedizione episcopale.
Coira, 2 Febbraio 2017
+ Vitus Huonder, Vescovo di Coira
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(1) Dubbio 5 (Possibilità dell'interpretazione creativa del ruolo della coscienza):
"Dopo l'Amoris Laetitiae nr. 303 si deve ritenere ancora valido l'insegnamento dell'Enciclica di San Giovanni Paolo II Veritatis Splendor nr. 56, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa che esclude un'interpretazione creativa sul ruolo della coscienza e afferma che la coscienza non è mai autorizzata a legittimare eccezioni alle norme morali assolute che proibiscono azioni intrinsecamente cattive per il loro oggetto?".
(2) Dubbio 2 (Sull'esistenza di norme morali assolute):
"Continua a essere valido, dopo l'esortazione postsinodale Amoris Laetitiae (cfr. nr. 304), l'insegnamento di San Giovanni Paolo II Veritatis Splendor n. 79, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa circa l'esistenza di norme morali assolute, valide senza eccezioni, che proibiscono atti intrinsecamente cattivi?".
(3) Dubbio 1: (Possibilità di accostarsi alla Santa Comunione fuori dalle condizioni di Familiaris Consortio nr. 84 ):
"Si chiede se, in seguito a quanto affermato da Amoris Laetitia nn. 300-305, sia divenuto ora possibile concedere l'assoluzione nel sacramento della Penitenza e quindi ammettere alla Santa Eucaristia una persona che, essendo legata da vincolo matrimoniale valido, convive 'more uxorio' con un'altra, senza che siano adempiute le condizioni previste da Familiaris Consortio nr. 84 e poi ribadite da Reconciliatio et penitenti nr. 34 e da Sacramentum Caritatis nr. 29. L'espressione "in certi casi" della nota 351 (nr. 305) dell'esortazione Amoris Laetitia può essere applicata a divorziati in nuova unione, che continuano a vivere 'more uxorio'?".Dubbio 3 (Esistenza della condizione oggettiva di peccato mortale):
"Dopo Amoris Laetitia nr. 301 è ancora possibile affermare che una persona che vive abitualmente in contraddizione con un comandamento della legge di Dio, come ad esempio quello che proibisce l'adulterio (cfr Mt 19, 3-9), si trova in situazione oggettiva di peccato grave abituale (cfr. Pontificio Consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione del 24 giugno 2000)?".
Dubbio 4 (Rilevanza delle intenzioni e condizioni soggettive rispetto all'intrinseca e oggettiva malvagità di un atto):
"Dopo le affermazioni di Amoris Laetitia nr. 302 sulle 'circostanze attenuanti la responsabilità morale', si deve ritenere ancora valido l'insegnamento dell'enciclica di San Giovanni Paolo II Veritatis Splendor nr. 81, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, secondo cui: 'le circostanze e le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto soggettivamente onesto o difendibile come scelta'?".
(4) Familiaris Consortio 84:
"L'esperienza quotidiana mostra, purtroppo, che chi ha fatto ricorso al divorzio ha per lo più in vista il passaggio ad una nuova unione, ovviamente non col rito religioso cattolico. Poiché si tratta di una piaga che va, al pari delle altre, intaccando sempre più largamente anche gli ambienti cattolici, il problema dev'essere affrontato con premura indilazionabile. I Padri Sinodali l'hanno espressamente studiato. La Chiesa, infatti, istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini e soprattutto i battezzati, non può abbandonare a se stessi coloro che - già congiunti col vincolo matrimoniale sacramentale - hanno cercato di passare a nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza stancarsi, di mettere a loro disposizione i suoi mezzi di salvezza.
Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C'è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell'educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido.
Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza.
La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio.
La riconciliazione nel sacramento della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, «assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082). Similmente il rispetto dovuto sia al sacramento del matrimonio sia agli stessi coniugi e ai loro familiari, sia ancora alla comunità dei fedeli proibisce ad ogni pastore, per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, di porre in atto, a favore dei divorziati che si risposano, cerimonie di qualsiasi genere. Queste, infatti, darebbero l'impressione della celebrazione di nuove nozze sacramentali valide e indurrebbero conseguentemente in errore circa l'indissolubilità del matrimonio validamente contratto. Agendo in tal modo, la Chiesa professa la propria fedeltà a Cristo e alla sua verità; nello stesso tempo si comporta con animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo.
Con ferma fiducia essa crede che, anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in tale stato tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità".
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