sabato 5 ottobre 2013

Padre Mackonochie e i demoni antiliturgici. Storia di un déjà vu

Che ogni tentazione e ogni peccato abbiano un proprio diavolo specializzato, è dimostrato dal medesimo zelo e dalla eguale avversione con cui le forme della Tradizione liturgica oggettiva e i loro sostenitori sono trattati in situazioni assai differenti e lontane nel tempo.
Alexander Mackonochie, che aveva seguito a Oxford J.H. Newman e il Movimento Trattariano, fu assegnato a una parrocchia di Londra dove introdusse le forme liturgiche della Chiesa cattolica sostituendole a quelle raccomandate dal Prayer Book di Cranmer: altare orientato, genuflessioni, elevazione, confessione, estremaunzione. Ciò gli costò la persecuzione e, infine, la rimozione.
Obiettare che Mackonochie in fondo fu uno scismatico non sposta il problema. Il vicario di Sant'Alban si pose nello stesso orizzonte intenzionale del cattolicesimo romano nel quale molti inglesi alla fine del XIX secolo si convertirono alla Chiesa cattolica proprio adeguandosi alle sue forme liturgiche. Lo stesso Newman iniziò dal Breviario Romano preso dalla biblioteca dell'amico defunto Richard Froude.
Piuttosto è qui l'impressionante l'analogia tra il "delitto" che fu imputato al vicario di Sant'Alban e il "delitto" oggi imputato a sacerdoti cattolici rimasti fedeli alla Tradizione da parte di una Chiesa la cui umanità, modernista e liberale, non differisce molto da quella che accusò e perseguitò Mackonochie. I medesimi anche i metodi.Riportiamo qui di seguito la vicenda di Mackonochie narrata da Carlo Lovera di Castiglione in "Il Movimento di Oxford" (Brescia 1935)


"Mackonochie era 'vicar' di S. Albano in Holborne: scozzese di nascita, aveva studiato a Oxford, quale discepolo di Newman; intimissimo anche di Kable e di Pusey, aveva veramente l'anima e la stoffa di un apostolo: temperamento ardente e mistico, avrebbe voluto dedicarsi alle missioni, ma poi, avendo sentito parlare del bene immenso fatto dai ritualisti tra la miserabile popolazione di S. Giorgio 'In the Cast' si era aggregato volentieri ad essi, praticandovi per lunghi anni il ministero con somma abnegazione e zelo delle anime, tanto che il freddissimo e scettico Tait, suo vescovo, soleva dire di non avere in tutta la sua diocesi un uomo migliore. Nel 1863 il vescovo lo aveva mandato 'vicar' in S. Albano, chiesa da poco finita in uno dei più derelitti quartieri di Londra. Mackonochie non aveva speciali doti dell'ingenio, nè un brillante aspetto, nè quella maniera, tra solenne e accaparrante, tutta propria del clergyman inglese, ma bensì un cuore grandissimo, ardore di apostolo e profondo spirito di distacco e di sacrificio: in poco tempo la parrocchia di S. Alban era stata perfettamente organizzata ed era considerata un modello: i suoi immediati collaboratori parteggiavano le idee del 'vicar', la sua vita di carità, l'austerità dei suoi costumi e formavano con lui una specie di comunità: tali qualità in Mackonochie erano accompagnate da una costanza formidabile e da una tale volontà, che spesso pareva confinare con l'ostinazione [...]. Mackonochie in S. Albano aveva instaurato i metodi ritualisti al completo: Confessione ed Eucarestia vi erano divenute pratiche usuali: celebrava la Messa ogni giorno e quella domenicale con gran pompa di musica e di canti: soleva pure conferire la estrema unzione ai malati [...].
La C.A. [Church Association: associazione protestante apertamente ostile agli Anglo-Cattolici] si preoccupò ben presto del Rev. Mackonochie, ma non trovò alcuno tra i parrocchiani di S. Albano che fosse disposto alla denuncia, dovette quindi ricorrere a un parrocchiano non residente e poiché la razza dei Giuda e delle spie in ogni tempo é feconda, trovò un tizio che vi si prestò.
Il vescovo Tait, pur rammaricandosene, non poté opporsi a che la denuncia presentata dalla C.A. alla Corte degli Archi [Tribunale statale e laico competente per le questioni ecclesiastiche]la quale sentenziò che alcune cerimonie come l'incensazione, l'elevazione degli elementi, la mistione dell'acqua e del vino ed altre, erano illegali: ammise però i ceri accesi e deferì al giudizio del vescovo la decisione se la genuflessione del celebrante fosse da ammettersi o no. In fondo la sentenza era stata assai mite, ciò che spiacque immensamente alla C.A. e la decise a riccorrervi contro, adendo al "Consiglio Privato" per ottenere sanzioni più severe, che infatti ottenne, perché que tribunale diede torto completo a Mackonochie, condannandolo alle spese processuali, cioè mettendolo nel più grande imbarazzo finanziario. Per quanto se ne seppe poi, a far condannare il 'vicar' di S. Albano fu proprio il voto dell'Arcivescovo di York, che diede la maggioranza al parere contrario.
Naturalmente, come lo portava il suo carattere, Mackonochie non obbedì e [...]tentò la resistenza, benché la sua chiesa fosse teatro di continue scenate. Ma poco dopo si vide nuovamente processato e condannato alle spese, senza però che egli variasse di una linea il suo agire: non era quasi finita l'eco dell'ultimo processo, che nuove spie della C.A. ritornavano ad accusare davanti ai tribunali Mackonochie di avere sostituito nella cena la genuflessione alla 'umile prosternazione del corpo in segno di rispetto' come prescritto dal Prayer Book e domandando questa volta per l'accusato la sospensione dall'ufficio [...]. Mackonochie fu sospeso.
Egli però non si turbava affatto delle decisioni del Consiglio Privato, e pur essendo in gravissime difficoltà finanziarie, seguiva come prima, indifferente di fronte allo stesso atteggiamento del suo vescovo, tutto sicuro di ben fare e di essere sostenuto fino alla fine dai suoi parrocchiani, nei quali frattanto vedeva crescere lo spirito religioso, frutto delle pratiche sacramentali e devozionali da lui messe in uso. [...].
La C.A. aveva continuato a sorvegliarlo e a radunare materiali di prova, cosicché nel 1878 gli intentò un'azione a fondo e questa volta il processo seguì tutte le numerosissime tappe, giungendo fino davanti alla Camera dei Lords, accumulando spese ingentissime ad un crescendo di successive condanne. Mackonochie fu sospeso per tre anni; ma quando il rimpiazzante designato dal vescovo gli si presentò per assumere la parrocchia, egli lo rinviò cortesemente alla porta, protestando di non riconoscere nè legittina nè valida la sua sospensione, perchè imposta dal potere civile al vescovo, e quindi egli avrebbe continuato nel suo ufficio.
Nel 1880 dagli oppositori, sempre più inveleniti, venne chiesta la sua destituzione, ma la difesa di Mackonochie seppe così bene destreggiarsi e creare infiniti incidenti di procedura, da trascinare il processo per altri due anni; nel frattempo aumentava il disgusto e lo scandalo in tutti i settori ben pensanti meravigliati di vedere perseguitato in quel modo il miglior 'vicar' di Londra senza che il suo vescovo Tait ne prendesse le difese. [...] Il vescovo posto tra l'incudine e il martello non trovò altro miglior rimedio alla situazione, di quello di scrivere a Mackonochie di andarsene, non già perché colpevole, ma per il bene della sua chiesa. Soltanto allora, dopo sedici anni di lotte e turbamenti, ammalato e stanco Mackonochie finì per acconsentire, dando finalmente le dimissioni il I dicembre 1882. Ma nemmeno allora gli fu consentito di aver pace, perchè mandato ad un'altra poverissima parrocchia, quella di S. Pietro in Docks, promessagli dai superiori all'atto delle sue dimissioni, gli implacabili avversari impugnarono la legittimità delle stesse promesse fatte dal vescovo e riuscirono ad ottenere che Mackonochie fosse privato di ogni nomina ecclesiastica nella provincia di Canterbury.
Il degnissimo ministro anglicano, vittima di tanta ingiustizia, e così nobile assertore dell'indipendenza del suo ministero, circondato dal rispetto e dalla fama si ritrasse allora presso il suo amico vescovo di Argyll in Scozia, dove la morte, poco dopo, non tardò a dargli quella pace in Cristo, che il fanatismo degli uomini non gli aveva mai concesso. Durante una sua passeggiata autunnale tra i desolati monti di Scozia venne sorpreso da un malore e da una tormenta di neve: fu trovato il giorno dopo in ginocchio come in atto di chi si raccomanda a Dio: tra l'unanime compianto fu sepolto col crocefisso e col breviario, avvolto in quei 'vestimenti eucaristici' per i quali aveva tanto e così nobilmente sofferto".

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