lunedì 30 gennaio 2017

L'Anticristo, la sedizione e la fede. Il cliché di Lutero nei teorici odierni della "neochiesa"

Secondo alcuni autori, quando Martin Lutero nel 1510 giunse nella Roma di Giulio II, provò grande commozione e insieme profondo sdegno per uno spettacolo generale che dovette apparirgli immondo e indegno della religione cristiana. Certamente nell'Ad librum eximii Magistri Nostri Ambrosii Catharini, defensoris Silvestris Prieratis acerrimi, responsio, ossia nella risposta inviata nel 1521 al teologo e domenicano italiano Ambrosio Catarino intervenuto a sostegno di Silvester Prierias nella confutazione delle 95 Tesi (esiste una traduzione italiana vedi quiqui citiamo, nella nostra traduzione, la Weimarer Ausgabe: WA), Lutero utilizza il topos, non propriamente tradizionale ma diffuso nel Medioevo e rimasto nell'immaginario occidentale, che identifica l'Anticristo con un Papa dei tempi ultimi sulla falsariga di quanto si legge in 2 Tess 2: "L'avversario, che si innalza sopra tutto quello che è chiamato Dio o che è oggetto di venerazione al punto di sedersi egli nel tempio di Dio".
L'identificazione di Leone X, e, nel proseguo della riflessione, di tutti i Papi, con l'Anticristo, costituisce la premessa di due successivi approdi della Responsio, mentre tutt'e tre i passaggi prefigurano sviluppi importanti della teologia luterana e riformata, anche per quel che concerne la dottrina della Fede e della Grazia (sulla formazione della teologia luterana vedi anche il nostro qui).

É importante soffermarsi un poco sulla premessa. Il problema di Lutero nasce dal confronto tra la situazione a lui contemporanea di Roma e della Chiesa, giudicata "un regno di peccato", e la promessa di Cristo: "Et ego dico tibi quia tu es Petrus e super hanc petram aedificabo ecclesiam meam et portae inferi non prevalebunt". Naturalmente il monaco agostiniano non dubita in alcun modo delle parole del Signore ed è perciò sospinto a ritenere che, se la Chiesa visibile è "una cloaca in cui è incarcerato lo Spirito Santo" (WA, 7, 716), è perché la "petra", sulla quale si vuole fondata sin dal principio la Chiesa di Roma, è un uomo e dunque necessariamente un peccatore, e le "porte dell'inferno prevalgono quando conducono al peccato": "Stet ergo, portas inferi non prevalere adversus neque petram neque Ecclesiam. Portae autem inferi praevalent, quando in peccatum perpellunt" (WA 7, 708).
Lutero allora chiede al Catarino "di ammettere che il Papa, che egli chiam[a] pietra, e coloro che, a lui soggetti nell'amministrazione visibile [sic!], sono edificati su questa pietra e sono chiamati Chiesa, peccano e hanno in qualche modo peccato" (WA 7, 709) oppure di dimostrare il contrario, "perché altrimenti saremo liberi di rifiutare e di giudicare gli statuti, i canoni e tutte le cose del Papa in quanto si sospetterà che esse provengano da Satana piuttosto che dallo Spirito Santo" (WA, 7, 713).
In realtà per Lutero la vera "pietra" su cui Cristo edifica la "sua Chiesa" è il fondamento della congregati fidelium, dunque della comunità di coloro che hanno fede in Cristo, ed è perciò Cristo stesso - infatti la "petra certa" su cui è edificata una "ecclesia certa" (WA 7, 710) è "solamente Cristo" il quale "soltanto è certamente senza peccato e rimane fermo e con lui la sua santa Chiesa nello Spirito" (WA 7, 709).

Se il Papa, da millecinquecento anni (ma nella logica dell'Eresiarca potrebbero essere anche alcuni secoli o pochi decenni), oscura e nasconde il vero fondamento che è Cristo, la sua Chiesa, ed è questo il secondo approdo di Lutero, è necessariamente una realtà capovolta, una chiesa anticristica e una neochiesa rispetto alla vera Chiesa che nascostamente (almeno fino alla Riforma) continua a fondarsi su Cristo. La neochiesa si erge su un uomo peccatore, probabilmente il peggior peccatore - su un corpo corrotto dal peccato che si annuncia al mondo come Vicario di Cristo -, e su un luogo, Roma (WA 7, 720), e ciò in modo tale che "se luogo e persona sono necessari alla salvezza, è conseguenza che coloro che hanno e coltivano quel luogo e quella persona", e non Cristo, "sono salvi e santi".
La subordinazione dell'annuncio del Verbo a un corpo peccatore e a un luogo di peccato - della congregatio fidelium a un'apparizione storica - non è altro, per Lutero, che la configurazione concreta e ben visibile dell'inversione del rapporto tra Verbo e ragione umana la quale sta all'origine della corruzione degli ordinamenti e della loro consegna al dominio del diavolo. Di qui il senso evidente del rifiuto degli "statuti, dei canoni e di tutte le cose del papa", della "giurisdizione romana", dell'interpretazione di chi cambia il "volto" della Scrittura e trasforma la Bibbia in un'opera di maschere ("biblia scenica") affermando in tal modo il proprio dominio, quello degli "scelerata dogmata" e naturalmente quello della Chiesa romana e del suo "idolus romanus"  (WA 7, 714, 716, 720).

Dimostrato il falso fondamento della "neochiesa" romana e la sua natura anticristica, Lutero rivela alla Cristianità la vera "Chiesa di Cristo", fondata da e su Cristo. É questo il terzo approdo della Riforma che prelude alla dottrina luterana sulla giustificazione e alla distruzione dell'ordine della Chiesa e dei Sacramenti. Così la Chiesa, che non può fare a meno dei luoghi e delle persone, non può però fondarsi su un luogo o su una persona bensì soltanto sulla fede in Cristo. É l'eliminazione dell'autorità dal sistema cattolico che cessa di essere tale. La Chiesa, scrive Lutero, "non può essere vista ma soltanto creduta attraverso il segno del Verbo [per signum verbi] che non si può pronunciare se non nella chiesa con l'ausilio dello Spirito Santo [...] infatti Cristo attraverso il verbo vocale distoglie i cristiani dalle cose, dai luoghi e dai corpi e non li conduce alle cose, ai luoghi e ai corpi nei quali si trovano già per propria natura" (WA 7, 722).

Come si vede l'uomo, una volta accettata la premessa della anticristicità della Chiesa visibile, ritenuta sulla scorta della pericolosa confusione tra la persona/corpo del Papa e il suo ufficio (vedi le nostre recenti osservazioni qui), è subito chiamato ad abbandonarla per cercare la vera chiesa e la vera sequela di Cristo occultata dall'usurpatore romano, ed è quindi trascinato nella radura desolata dell'attesa e della sola fede, di un accadere apocalittico che in realtà non è più che una turpe illusione dell'anima smarrita. In questa radura senza autorità e discernimento tutto appare possibile, soprattutto il sogno dell'agognata chiesa autentica, di un luogo ormai estraneo al Cattolicesimo romano.
Questi tre passaggi o approdi rappresentano dunque le fasi necessarie e regolari di un processo che inizia con un'antica tentazione. Probabilmente, se Lutero non avesse pensato l'"Anticristo romano", sarebbe morto cattolico, ed è oggi doloroso fare previsioni sullo sviluppo spirituale di coloro che, nel campo del Tradizione od ormai oltrepassati i suoi consueti confini, si oppongono a ogni possibilità di orientarsi al luogo-Roma e alla Chiesa guidata dal corpo-Francesco nel suo ufficio petrino.

5 commenti:

  1. I teorici della neochiesa nel rifarsi alle profezie sui tempi ultimi adottando l'interpretazione luterana , spostano l'attenzione dai luoghi biblici e dalla natura dell'Anticristo su Roma e sul papa. In questo incorrono nell'ammonimento della scrittura perchè al dunque non saranno capaci di riconoscere il pericolo (Ireneo). Ciò che trattiene la persecuzione e il manifestarsi dell'iniquo è sì la Chiesa con i sacramenti, ma il luogo santo difficilmente può essere confuso con S.Pietro.

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  2. Oggi il 'corpo' del papa è una autentica "spina nella carne" che sembra "incaricata da Dio per schiaffeggiarci"...e si paga a caro prezzo l'orientamento all'ufficio di Pietro.
    Come non capire quanti protestano? Abbiamo alcuni salmi in proposito. E le parole del vangelo di s Matteo lette nell'ultima domenica dopo Pentecoste: "Cum vidéritis abominatiónem desolatiónis,quæ dicta est a Daniéle Prophéta, stantem in loco sancto: qui legit, intéllegat: tunc qui in Judǽa sunt, fúgiant ad montes: et qui in tecto, non descéndat tóllere áliquid de domo sua: et qui in agro, non revertátur tóllere túnicam suam."
    Forse qualcuno si aspettava (come incoraggiamento?) questo atteggiamento dall FSSPX.

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    1. Così si scivola nel pensiero apocalittico senza l'autorità per riconoscere l'Anticristo (dovrebbe essere innanzitutto propria del Papa e della Chiesa). Inoltre non c'è alcun argomento autenticamente tradizionale che ci induca ad aspettarci l'uomo iniquo finale nel Papa. Neppure nel peggiore dei Papi.

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    2. Sono d'accordo. Già Erasmo Savanorala hanno commesso questo errore, ma di fronte ad un'autorità che vacilla sulla tarsmissione della fede (e c'è un sensus fidelium [trasversale tra tradizionalisti e non] che lo percepisce), occorre, credo, infinita prudenza: quella che non si ebbe dopo il Concilio.
      Non si tratta di considerare un papa come l'Anticristo, ma di avere presente quanto dice lo stesso CCC 675 o ad es. l'esorcismo di Leone XIII: "Laddove c'è la sede del beatissimo Pietro posta a cattedra di verità per illuminare i popoli, lì hanno stabilito il trono abominevole della loro empietà, affinché colpendo il pastore, si disperda il gregge."
      Un ricorso tout court nel principio di autorità non mi sembra nella tradizione della Chiesa a partire dagli Atti degli Apostoli.
      La salvezza viene solo da Gesù Cristo ed è questo, in ultima analisi, che viene offuscato, anche dalla cattedra più alta.

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    3. D'accordo. Precisato che l'autorità è tale solo quando dichiara una verità che già è (semper eadem) e che, nella Chiesa, questa autorità è data al sommo grado al Papa quando si pronuncia con le forme dell'infallibilità. Il discernimento dell'uomo iniquo, pur non appartenendo a questo ambito dell'infallibilità, è pur esercizio di autorità, giacché si tratta di volta in volta di distinguere (e dichiarare) chi è Cristo e chi la sua falsa immagine.
      Proprio il fatto che tale autorità non sia infallibile, spiega i tempi di profonda crisi della Chiesa e dell'umanità: " "Laddove c'è la sede del beatissimo Pietro posta a cattedra di verità per illuminare i popoli, lì hanno stabilito il trono abominevole della loro empietà, affinché colpendo il pastore, si disperda il gregge".
      Ora tutte queste osservazioni su cui convergiamo, non contraddicono l'assunto principale dell'articolo, che il pensiero dell'"Anticristo romano" è un grave pericolo per la fede e per l'anima e, quando si diffonde come un incendio, per la Chiesa.

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